Il sole è già scomparso dietro le cime, le curve bagnate dalla pioggia del Passo del Giulia sono immerse nel blu scuro della sera, solo il cielo brilla ancora di rosso-arancio dietro stralci di nuvole ricchi di pathos. Non vediamo un’altra automobile da un buon quarto d’ora e, in questo sabato sera, le montagne delle Alpi Grigionesi sembrano tanto magiche quanto deserte. Eppure l’aria limpida è pervasa dal rombo dei motori, mentre gli spruzzi di due saette rosse schizzano sui parabrezza. Davanti a noi, lo zurighese Fabio guida la sua Ferrari Testarossa tra le curve strette, con l’enorme bancone del retrotreno sempre sulla linea ideale, mentre il berlinese Daniel gli sta alle calcagna con la sua BMW M1. Questo è il tipo di inseguimento d’auto a cui si sarebbe voluto assistere anche nella Hollywood degli anni ’80 – per i due amici è l’alternativa a una passeggiata serale. Fanno ancora un altro rapido giro sui passi dell’Albula e del Giulia prima di cenare all’Hotel Castell di Zuoz.
Fabio e Daniel sono membri del Flitzer Club, un’associazione di appassionati di auto non convenzionali provenienti da Berlino e da altre metropoli europee, con un debole per la cultura delle auto d’epoca, l’arte, il design, l’architettura, la gastronomia e i viaggi in auto condivisi. Il gruppo è stato fondato qualche anno fa dal dottor Dirk Rumpff, carismatico medico anestesista berlinese e collezionista di auto, che guida sempre in testa al gruppo la sua splendida Maserati Khamsin. Con il suo atteggiamento disinvolto e gli elevati standard estetici, il Club Flitzer ha evidentemente colto lo spirito dei tempi – anche per l’escursione, battezzata con una strizzatina d’occhio «Flitzerland», questi appassionati hanno seguito il richiamo del loro líder máximo fino alle Alpi svizzere: una Lamborghini Countach LP400 S, una Ferrari 512 BB, una Porsche 356 e alcune Jaguar e Maserati d’epoca. Tutti rinomati pezzi classici del design.
Solo l’auto, con la quale seguiamo i due bolidi disegnati dai grandi maestri Marcello Gandini e Giorgetto Giugiaro attraverso le serpentine della sera, è un po’ fuori posto: ha solo vent’anni, la Porsche Boxster della generazione 986/2 che il Museo Porsche ci ha gentilmente prestato per qualche giorno. E, naturalmente, la piccola roadster gialla e nera è stata soprannominata «piccola ape» già la prima sera – le sopracciglia sollevate e divertite da parte di chi guida motori a otto e dodici cilindri fanno parte della storia della Boxster tanto quanto le sue eccezionali cifre di vendita.
Eppure, in questa carrellata di vetture sportive davvero leggendarie, si ha effettivamente l’impressione di essersi presentati in tuta da ginnastica a una cena in abito scuro. Oppure di sedersi come stagista al tavolo di un Consiglio di sorveglianza. Almeno fino al gioco serale del gatto e del topo sul Passo del Giulia.
A bordo delle loro rombanti sportive da manifesto pubblicitario, Fabio e Daniel cercano di scrollarsi di dosso l’inseguitrice giallo-nera, ma non riescono proprio a liberarsi della piccola ape nello specchietto retrovisore. Perché, mentre la Testarossa deve essere trascinata in curva come si fa con uno scaffale dell’Ikea, e nelle svolte sul bagnato il muso spigoloso e gli pneumatici sottili della M1 si avvertono troppo leggeri, la Porsche Boxster si appiccica all’asfalto come se fosse stata progettata proprio per queste condizioni. Compatta, agile, facilissima da controllare e sempre in perfetto equilibrio grazie al suo motore centrale, questa sera la Boxster originale offre un piacere di guida allo stato puro! E non è forse proprio questa filosofia, di contrastare la superiorità in termini di cilindrata e potenza della concorrenza con la leggerezza e l’agilità che contraddistingue Porsche da 75 anni? Che ha assicurato alla Porsche 550 e alle sue sorelle a motore centrale un posto nei libri di storia? Nelle serpentine di alta montagna, nessuno può seminare così in fretta una Porsche puristica!
Più tardi, quando chiudiamo la capote della piccola ape nel parcheggio dell’hotel, gli sguardi degli amici del Flitzer Club, accanto ai loro bolidi retrò scoppiettanti e fumanti, non sono più di divertimento, bensì di approvazione: «Piuttosto veloce, la piccoletta». E si può letteralmente leggergli il pensiero che subito gli passa per la mente: «Forse è proprio il momento di mettersi in garage una Boxster originale». Anche dal punto di vista estetico, la prima Porsche Boxster è maturata come un vino pregiato. La silhouette appare oggi sportiva e senza tempo e, dopo due decenni, pure il frontale con i famigerati fari come «uova all’occhio di bue» ha decisamente acquisito la qualità di un classico del design. Come il primo iPod di Apple, il suo aspetto ricorda lo spirito pionieristico di stampo tecnologico dei primi anni 2000. Dopotutto, si tratta di una vera e propria piccola vettura sportiva, la prima Porsche Boxster!