Un giovedì a Zurigo, sono le 10 del mattino. Siamo seduti nella 911 Sport Classic. Di nuovo. È la stessa auto che quest’anno ci ha già procurato divertimento per due volte. La prima a febbraio, al Porsche Winter Event di St. Moritz, dove si è dimostrata una compagna di giochi perfetta per il drifting sulla pista di ghiaccio engadinese a Samedan. La seconda volta di recente, al Porsche Festival Mollis, quando Porsche Schweiz AG ha organizzato un gigantesco party di compleanno in occasione dei «75 anni di vetture sportive Porsche» e dei «60 anni di Porsche 911».
In entrambe le occasioni ci siamo seduti solo per poco al volante del pezzo da collezione, uno dei soli 1.250 esemplari della serie limitata. Ora però possiamo approfondire la nostra relazione. Ci aspettano oltre 1.600 chilometri verso Le Mans e di ritorno. Vogliamo andare alla Le Mans Classic, la variante per vetture oldtimer della grande classica gara endurance che si svolge ogni due anni sulle rive della Sarthe. Per strada ci fermiamo due volte per una sosta. Prima tappa: la sede centrale di TAG Heuer con stabilimento e museo a La Chaux-de-Fonds.
La Sport Classic divora chilometri senza sforzo e dopo appena due ore raggiungiamo la meta intermedia. Quest’auto sportiva è sorprendentemente comoda. In modalità di guida «Normal», la trazione posteriore Turbo è silenziosa, offre un sacco di spazio all’interno e assorbe le irregolarità della strada con gran disinvoltura. Il nostro viaggio a Le Mans sarà facile.
Di leggende delle corse ed eroi del grande schermo
Pregustando in tutto relax le nuove impressioni di viaggio, varchiamo la soglia dell’edificio per un tour del museo e dell’archivio sotto la guida esperta dell’Heritage Director di TAG Heuer, Nicholas Biebuyck. Siamo sopraffatti dalla ricchissima storia aziendale, intrecciata strettamente con il motorsport. Naturalmente, sapevamo del suo ruolo leggendario come cronometrista ufficiale di corse, rally e come partner di scuderie come Porsche, McLaren e Ferrari. Ma se si studia una volta l’estensione del marchio fondato da Jack Heuer – che ora appartiene al Gruppo LVMH con Frédéric Arnault come CEO – e si vedono con i propri occhi gli orologi e gli altri strumenti cronometrici, allora l’impressione complessiva è semplicemente sensazionale.
A sinistra l’Heuer Autavia di Derek Bell, a destra quello indossato da Jo Siffert. Vorreste dare un’occhiata al Carrera placcato d’oro di Ronnie Peterson? È decorato con l’incisione di una dedica personale di Jack Heuer. Nella teca a fianco si ammira l’orologio di Jean Campich, il cronometrista ufficiale della Scuderia Ferrari. Soprannominato «The Pianist», perché durante le 24 Ore di Le Mans era in grado di utilizzare da virtuoso numerosi cronografi «Centigraph» contemporaneamente.
Nicholas ci porta attraverso una porta laterale nell’archivio, dove sono conservati oltre 3.000 ulteriori orologi. Comincia ad aprire dei cassetti. E improvvisamente ci troviamo timorosi al cospetto del Santo Graal: il cronografo Monaco di Steve McQueen. Uno di quegli esemplari da lui effettivamente portati al polso durante le riprese del suo film sul motorsport adorato da tutti noi. I documenti originali allegati lo testimoniano: «Consegnato dopo Le Mans, 1970». Solo pochissimi hanno nobilitato un orologio da polso cosi tanto come il celebre King of Cool.
Il Monaco è riposto in un armadio insieme con uno degli indumenti da gara indossati da Steve durante le riprese. Dopo esser stato istruito alla guida della Porsche 917 da Jo Siffert e Derek Bell, chiese ai costumisti un outfit che facesse apparire il proprio personaggio cinematografico Michael Delaney come un real racing driver. Un’ultima nota: la ditta Hinchman possiede ancora il telegramma con le misure di McQueen, sarebbe insomma possibile ordinare una replica esatta dell’abito.
Dovremmo scrivere un libro per rendere omaggio agli altri cronografi che ci sono stati mostrati. Alcuni, come il primissimo Autavia a carica manuale, possiedono oggi un valore attorno ai 150.000 euro, altri addirittura non hanno prezzo. Come l’orologio indossato da Jochen Rindt il giorno del suo incidente al porto di Monaco. Oppure quello di James Garner in Grand Prix, l’epico film sulle corse di John Frankenheimer.
Ispirati da tutti questi precedenti, ci siamo fatti dare un orologio tutto nostro, quasi un partner ufficiale di cronometraggio per il nostro tour: il TAG Heuer Carrera «Glassbox» da 39 millimetri in acciaio inox con quadrante blu. Proprio l’orologio che la star hollywoodiana Ryan Gosling indossa nella recente campagna pubblicitaria dell’azienda. Con cristallo di zaffiro curvato e meccanismo automatico del calibro TH20-00 è perfetto soprattutto per i polsi sottili.
Proseguiamo la visita. Dapprima nel reparto prototipi, dove si progettano le casse e i cinturini articolati, che vengono poi stampati in 3D per testarne le caratteristiche pratiche e il design. Segue il montaggio, dove i collaboratori di TAG Heuer in abiti da laboratorio assemblano gli orologi in un ambiente sterile. E la camera di prova, dove gli orologi vengono posti in contenitori d’acqua per verificarne la tenuta ermetica.
Uscendo per tornare alla Sport Classic, prendiamo un camice da laboratorio con il logo TAG Heuer. Certo, indossandolo, non siamo poi così «cool» come Steve McQueen in tuta da gara con il marchio Heuer, ma a Le Mans potremmo senz’altro passare da cronometristi ufficiali. Si continua in direzione della Francia.
Glamour, sportiva e GT
Dopo una notte in Borgogna, ci godiamo un’allegra corsa di quattro ore sulle ben curate autostrade francesi. All’interno, la Sport Classic è piacevole come una berlina e conferma il proprio status di compagna ideale per il nostro viaggio. Tutti i nostri bagagli si lasciano stivare senza sforzo: due trolley, due borse da computer, attrezzatura per macchina fotografica, smoking. In effetti, sedersi in cabina è così comodo da poter scrivere queste righe on the road. Il mio compagno di viaggio e io non siamo incollati spalla a spalla, bensì sfruttiamo entrambi contemporaneamente gli ampi poggiabraccia, la cui pelle semi-anilina esibisce un’elegante scritta impressa «Porsche Exclusive Manufaktur». Un luogo invitante in cui soffermarsi. Gli elementi applicati in caldo legno sulla plancia portastrumenti e l’emblema dorato 911 fanno il resto.
Decidiamo di percorrere gli ultimi 50 chilometri verso Le Mans su strade di campagna. La nostra vettura glamour in grigio sportivo metallizzato accetta di buon grado la decisione – e per gratitudine ci rivela il suo secondo lato, molto sportivo.
In modalità di guida «Sport» e poi «Sport Plus». Entrambe sfruttano la funzione di accelerata intermedia automatica del cambio manuale (che ovviamente è disattivabile dai puristi). Da non tralasciare: il rombo dell’impianto di scarico sportivo! La berlina da autostrada si trasforma immediatamente in una perfetta auto da corsa. Potenza di 550 CV e coppia di 600 Nm desiderano scatenarsi dopo ogni curva. Fibre di carbonio per tetto e capote restringono il peso a vuoto a poco sopra i 1.500 chilogrammi. Freni brutali e larghi pneumatici Michelin equilibrano le forze. Lo sterzo manovra del tutto senza problemi anche le correzioni.
Lasciamo il telaio sportivo con stabilizzazione antirollio in modalità più morbida per venire a patti con il fondo stradale leggermente accidentato. Solamente la cambiata, secondo noi, potrebbe essere di un’inezia più rigida e la corsa della frizione un po’ più corta di quanto non sia già. Ci viene in mente l’ormai famoso manifesto Porsche per la 24 Ore di Le Mans del 1983: Nobody’s perfect.
Se, tuttavia, esiste un’auto che può considerarsi vicina alla perfezione, allora si tratta della Sport Classic. Dovunque ci siamo fermati durante il nostro tour, siamo stati subissati di complimenti e tempestati di richieste. Se ci si potesse sedere all’interno per un momento, se si potessero scattare delle foto. Il posteriore a coda di rondine, le decorazioni da motorsport, i cerchi in struttura leggera a cinque razze e, non da ultimo, il tetto «Double Bubble»: tutti insieme conferiscono alla Sport Classic un fascino sportivo-elegante.
A proposito di fermarsi: l’orologio Carrera nel design «Glassbox» segna le dodici, le qualifiche per l’Endurance Racing Legends sono alle porte. Scorriamo lungo il parcheggio e ci immaginiamo per un momento di accomodarci subito nel paddock, come Steve McQueen. La Sport Classic fruscia contenta al bordo del circuito. A Le Mans si sente a casa.
Info
Testo e fotografie: Błażej Żuławski