Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e l’eliminazione degli innumerevoli contratti di sviluppo con l’industria bellica, l’ufficio di ingegneria, frattanto cresciuto fino a comprendere quasi 600 collaboratori, si trovava di fronte a un futuro incerto. Inoltre, nel 1944 l’azienda aveva ricevuto l’ordine di lasciare Stoccarda. Porsche si era decisa per il trasferimento a Gmünd in Carinzia oltre che a Zell am See presso Salisburgo. Quasi la metà dei dipendenti furono trasferiti da Zuffenhausen a Gmünd in poche settimane nel mese di novembre. Gli impianti di una segheria furono coperti da diverse costruzioni in legno. Ufficialmente si trattava della segheria Meinke, ma i collaboratori parlavano solo di «Acciaierie riunite».

Durante il difficile dopoguerra la maggior parte delle imprese tedesche in simili condizioni chiudevano i loro battenti e spedivano a casa i propri dipendenti. Non però l’azienda Porsche. Con quasi 200 collaboratori si cercò di sopravvivere in questo difficile periodo postbellico e ci si rammentò di vecchie idee ancora rimaste nel cassetto. Trattori e altri attrezzi per l’agricoltura erano da sempre stati un tema prediletto del Professor Porsche e pertanto si riprese il lavoro in quella direzione. Nacquero così un trattore stradale per l’impresa Allgaier, paranchi, turbine ad acqua e altre attrezzature. Alcuni di questi prodotti furono commercializzati tramite la cooperativa agricola di Klagenfurt, altri venduti anche direttamente. Entro la fine del 1946 i dipendenti poterono aumentare fino a 222 e altre baracche furono riparate e allestite.

Nel 1947 gli ingegneri della Porsche KG Gmünd lavorarono in fretta e furia alla vettura da corsa Gran Premio tipo 360 per l’azienda Cisitalia. A causa della carenza di capitale del committente italiano la vettura da corsa Cisitalia non oltrepassò mai lo stadio di prototipo.

La prima menzione della «Tipo 356» – appunti del diario di Karl Rabe
Nell’estate del 1947 vennero realizzati i primi disegni costruttivi con il numero 356, ancora sotto la denominazione «VW Sport»; i primi schizzi al proposito dovevano risalire a una data ancora precedente: telaio tubolare, motore centrale (tipo Volkswagen) e carrozzeria in metallo leggero. Il cambio, il retrotreno, l’avantreno, lo sterzo, i cerchi e i freni erano della Volkswagen.

Karl Rabe era uno dei principali collaboratori del Professor Ferdinand Porsche; i due si erano conosciuti già nel 1913 alla Austro-Daimler. Rabe seguì Porsche in tutte le tappe della sua carriera e nel 1931 fu nominato ingegnere capo del neonato ufficio di ingegneria a Stoccarda. L’ingegnere austriaco teneva un diario meticoloso, come mostra appunto questo passaggio del 6 giugno 1948: «Abbiamo discusso fino alle 13:00 della Tipo 356 e pranzato assieme all’Hotel ‘Post’ (pasta in brodo, cotolette impanate, paste alla crema, vino rosso). Alle 14:30 i colloqui sono ripresi con il signor von Senger». Le sue annotazioni sono importanti perché restituiscono un quadro molto preciso dei lavori. La prima menzione del numero di costruzione «Tipo 356 vettura sportiva VW» apparve l’11 luglio 1947 e si concretizzò come «progetto strutturale, disegni per il modello di carrozzeria». E così andò avanti vivacemente; il 24 luglio 1947 Rabe annotava: «Lavoro al disegno 1:5 per la VW Sport». E poi il 10 dicembre: «Il signor Dr. Piëch e signora sono oggi a Klagenfurt, domani incontro a Klagenfurt per la VW Sport (Tipo 356)».

Le condizioni di lavoro nel periodo postbellico erano molto complicate, mancava di tutto. Rabe scriveva l’11 luglio 1947 nel rapporto sulle attività per la Commissione alleata al Senior Military Government Officer, a Klagenfurt, e all’Ufficio regionale di gestione del patrimonio di Spittal an der Drau: «Il problema delle abitazioni a Gmünd è insostenibile. La maggior parte dei lavoratori è alloggiata in casette provvisorie in legno, in baracche di proprietà dell’azienda e nelle baracche affittate dalla RAB a Eisentratten». Anche la situazione finanziaria e l’approvvigionamento dei materiali erano un problema: i principali fornitori richiedono costantemente pagamenti anticipati su ordini che vengono consegnati solo dopo mesi, la materia prima va pagata al momento dell’acquisto. Queste condizioni pongono grandi sollecitazioni alla liquidità dell’azienda, dal momento che il completamento dalla materia prima al prodotto finito richiede dei mesi».

Il 29 dicembre 1947 Rabe scriveva: «Alle 17:00 ricevo una visita del Dr.. Höfer e del signor von Senger / Zurigo. Abbiamo discusso della VW Sport fino alle 18:30». Due giorni dopo, continuava: «Alle 11:00 il signor von Senger viene da me, parliamo della VW Sport e facciamo alcuni schizzi per la forma della carrozzeria». All’inizio del 1948 giunsero buone notizie dalla Svizzera: «Secondo il signor von Senger / Zurigo per la VW Sport la copertura finanziaria è assicurata». Si poteva pertanto continuare con la costruzione della prima «Porsche». Il 18 gennaio 1948, Rabe annotava: «Vado in fabbrica con Ferry, il Prof. P. e signora e Hans Kaes alle 10:30 in punto, ispezioniamo il telaio per la VW Sport». E già il 6 febbraio seguiva questa voce: «Ieri è uscita la nuova VW Sport Tipo 356 per la prima volta (telaio), Ferry l’ha provato oggi». Una settimana dopo, il 13 febbraio: «Vado in azienda con il Prof. P. alle 8:00, gli incontri si tengono nell’ufficio di ingeneria. Ferry informa da Zell am See che il signore e la signora Piëch vogliono venire a Gmünd domani con il signor von Senger. Stiamo accelerando il lavoro sul modello sagomato della Tipo 356, che qui si sta svolgendo da martedì». La domenica seguente, il 15 febbraio, è giunto il momento: «Vado con Ferry in fabbrica alle 9:00 con la nuova VW Sport. Hans Kern viene con il Dr. Piëch e il signor von Senger con la VW in azienda».

Alla fine del febbraio 1948, Rabe produceva un altro rapporto sulle attività alla Commissione alleata, annunciando i progressi dei lavori sul nuovo veicolo: «Tipo 356, VW Sport: costruzione del telaio e della carrozzeria. Completamento del primo gruppo motore per VW Sport tipo 356. Completamento del primo telaio per VW Sport tipo 356. Telaio saldato, installazione di motore, cambio, asse anteriore e posteriore». E in aggiunta: «La società R.G. von Senger in Svizzera è in procinto di negoziare un ordine per la produzione di auto sportive da propulsori VW. Sono state commissionate 10 auto sportive da propulsori VW usati. Abbiamo qui i propulsori, le carrozzerie sono prodotte nella nostra azienda. La lamiera necessaria proviene dalla Svizzera. Sono stati richiesti permessi per l’importazione e l’esportazione e abbiamo la conferma che l’Ufficio merci approva questa attività».

Al proposito, Ferry Porsche nella sua autobiografia Ferry Porsche. Mein Leben scriveva quanto segue: «La carrozzeria a due posti roadster era in metallo leggero. La difficoltà stava nel fatto che nell’Austria del dopoguerra non si trovavano pezzi di lamiera leggera per la carrozzeria. Abbiamo quindi concluso un contratto con il signor von Senger per la fornitura di lamiera leggera dalla Svizzera. L’importazione di questo materiale richiedeva l’approvazione del governo a Vienna. Ci venne concessa a condizione che vendessimo i veicoli finiti esclusivamente all’estero, poiché l’Austria aveva urgente bisogno di valuta estera».

I primi test drive – la prima grande uscita
Nel marzo 1948 ci furono i primi test drive con il telaio, mentre ad aprile si lavorava ancora alla carrozzeria. Non pareva un compito così facile, probabilmente perché i test drive si erano spinti piuttosto al limite. Il 28 aprile, Karl Rabe scriveva nel suo diario: «Alle 15:00, il Prof. P. e Ferry hanno guidato fino a Seeboden con l’auto sportiva, si è verificata una deformazione del telaio sul retro». Il 2 maggio, ancora un quadro simile: «Dopo il test drive di ieri con Otto Husslein (direttore dell’azienda), la vettura sportiva tipo 356 mostra dei rigonfiamenti nella parte posteriore». Ma il progetto andò avanti, come dimostra l’appunto di Rabe il 5 maggio successivo: «Sono in ufficio dalle 7:00 del mattino e lavoro tutto il giorno al modello del telaio per la 356. Nel pomeriggio Ferry porta la vettura sportiva a Zell am See. Sono in azienda fino alle 19:00». I test proseguivano anche nel fine settimana.

Naturalmente, Ferdinand e Ferry Porsche erano coinvolti in tutti i lavori, come dimostra questa nota del diario in data 13 maggio: «Vado in azienda con il Prof. P. alle 7:00, abbiamo un incontro a causa dei licenziamenti , dobbiamo stabilire i nomi. La vettura sportiva tipo 356 con carrozzeria aperta e telaio tubolare, rifinita con primer (giallo), viene pesata e guidata da Ferry». E il 20 maggio: «La mattina, il Prof. P. è al banco di prova dei motori diesel e il pomeriggio guida assieme a Goldinger la vettura sportiva 356, tornerà solo in serata». Rabe lavorava contemporaneamente su tutti i fronti: «Sono con il Prof. P. nell’ufficio ingegneria e vado con Hans Kern alle 9:00 dal notaio Wegener per questioni sui brevetti. Ho una visita dell’ingegnere Ernst da Lind a causa della tipizzazione della vettura sportiva tipo 356,» si legge il 22 maggio nel suo diario. E poi, il 27 maggio, è arrivato il grande momento: «Test drive via Spittal an der Drau, Obervellach, Winklern fino a Heiligenblut. Siamo lì alle 10:30 e vediamo una processione del Corpus Domini con interessanti costumi. Pranziamo all’hotel ‘Sonnenhof’. Mandiamo un biglietto di auguri al Prof. P. Proseguiamo attraverso il monte Isel, Greifenburg fino a Weissensee, all’hotel ‘Enzian’ e visitiamo un conoscente di Hans Kern del campo di internamento di Wolfsberg. Ritorniamo poi verso Gmünd, dove arriviamo alle 21:00, la distanza totale è di 256 km». La vettura ha ricevuto una verniciatura solo all’inizio di giugno, perché il 14 giugno 1948 Rabe aggiunge che «la vettura sportiva tipo 356 Roadster arriva in fabbrica nel pomeriggio verniciata da Spittal an der Drau ».

Mentre la 356 «Nr.1» Roadster veniva ancora completata, Porsche lavorava già a Gmünd alla versione di serie della 356 con motore posteriore, telaio in lamiera pressata e design senza tempo. È sorprendente che Porsche non abbia assegnato a questo nuovo design un nuovo numero di sviluppo, sebbene il numero 1 avesse poco in comune con le vetture sportive 356 successive, tranne la tecnologia. Probabilmente questo si verificò perché in quel momento Porsche stava seguendo diversi progetti, come ad esempio l’auto da corsa Grand Prix Cisitalia, chiamata anche Porsche tipo 360, o la vettura sportiva tipo 370.

La situazione a Gmünd era tutt’altro che rosea, come illustra il rapporto sulle attività di Rabe di fine aprile 1948: «La vendita dei nostri prodotti causa le maggiori difficoltà per la nostra azienda. A parte la produzione di pezzi di ricambio per la Posta e le Ferrovie federali dell’Austria, il resto della produzione va in magazzino a Mähfingern e Seilwinden, pure i bruciatori e i raccordi. È estremamente difficile raccogliere i fondi necessari per le retribuzioni e gli stipendi in queste circostanze. Gli obblighi nei confronti dei fornitori possono essere soddisfatti solo molto lentamente. La stagnazione generale costringe i fornitori a spedire le loro forniture dietro pagamento alla consegna. Le acciaierie pretendono acconti quando si effettua un ordine. I prestiti dalla banca sono insufficienti, quindi si deve parlare di un’immobilizzazione dell’azienda. Oggi non è molto chiaro dove saranno raccolti i fondi per mantenere l’azienda per il mese a venire, a meno che le opportunità di vendita non migliorino. Gli ordini vengono ricevuti solo in piccole quantità e si prevedono ulteriori restringimenti».

La prima presentazione della 356 e il primo comunicato stampa
L’8 giugno 1948, con una omologazione singola il prototipo «Nr.1» otteneva l’omologazione ABE per l’Austria, la denominazione interna del modello era «Sport 356/1». Il 15 giugno la vettura riceveva la famosa targa «K 45-286». E infine, già il 4 luglio, la «Sport 356/1» veniva presentata in Svizzera durante il Gran Premio di Berna, mentre diversi giornalisti avevano potuto provarla in anteprima. Poi, il 7 luglio fu pubblicato il primo resoconto su una Porsche: Automobil Revue, sotto il titolo «La più giovane erede di un grande nome – Porsche 356, una nuova vettura sportiva a motore posteriore», scriveva tra l’altro:

«In mezzo all’atmosfera del Grand Prix che si avvicina a grandi passi, inseguiamo l’auto sul tracciato di Bremgarten e, in brevissimo tempo, ne abbiamo piena fiducia. Queste sono proprio le caratteristiche di marcia che ci si aspetta da una vettura moderna, che unisce i vantaggi di sospensioni moderne e il relativo comfort di marcia con la morbida tenuta di strada di una altrettanto moderna vettura sportiva, bassa e maneggevole. Sebbene non ancora pari in tutto alle future vetture sportive, la due posti aperta, la cui forma insolita ha comprensibilmente suscitato attenzione ovunque, permette di riconoscere che grazie al suo vantaggioso rapporto peso/potenza costituisce una compagna ideale non solo come auto per l’uso quotidiano, ma anche per la partecipazione a manifestazioni sportive. Nelle varie marce ha potuto raggiungere senza problemi 40, 70 e 100 km/h e in 4a marcia si possono percorrere viaggi più lunghi con velocità da 110 a 120 km/h, beninteso su strade idonee. È maneggevole e stabile nelle curve strette, ma mantiene la rotta desiderata con precisione anche nelle curve lunghe veloci. Le irregolarità stradali la influenzano solo poco».

La svizzera Automobil Revue, fondata nel 1906, è stata per oltre un secolo una delle più importanti riviste al mondo specializzate nel settore delle automobili. Il resoconto di AR aveva una grande rilevanza fino ad arrivare alle cerchie dirigenziali dell’industria automobilistica e all’epoca, poco dopo la Seconda Guerra Mondiale, la pubblicazione godeva di una posizione dominante nei Paesi di lingua tedesca. Il primo resoconto su Porsche è firmato «Tester». Secondo i dati dell’esperto svizzero di motorsport Adriano Cimarosti, l’autore era il futuro redattore capo Robert Braunschweig. Il giornalista Max Troesch riferì del test sul periodico britannico The Motor il 21 luglio 1948. Troesch era un collaboratore esterno che in seguito avrebbe pubblicato molti articoli su questa vettura in Svizzera e all’estero. A lui soprattutto spettò un ruolo importante nella storia Porsche: da giovane ingegnere aveva già conosciuto il Professor Porsche negli stabilimenti stiriani all’inizio degli anni Trenta. E fu proprio Max Troesch a mettere Porsche in contatto con il pilota automobilistico britannico Harold John Aldington che poi divenne il primo importatore di Porsche in Inghilterra. Troesch ha anche mostrato immagini della Porsche 356 al famoso concessionario di automobili americano Max Hoffman che per questo si procurò subito tre dei primi esemplari per gli USA.

Che questa prima corsa per giornalisti venisse organizzata in occasione del Grand Prix di Berna non fu affatto un caso, perché in questo modo Porsche si garantiva molta attenzione e la stampa specializzata era comunque presente sul posto. Il percorso stradale lungo 7,26 chilometri nel bosco di Bremgarten era dall’inizio degli anni Trenta un circuito conosciuto e pericoloso, prima solo per motociclette e dal 1934 anche per automobili. Dopo la Seconda Guerra Mondiale le prime corse si disputarono già dal 1947 e dal 1950 la corsa portò il titolo di «Grand Prix di Bremgarten», facendo parte del calendario di Formula 1 fino al 1954. L’edizione del 1948 non si tenne sotto una buona stella: dapprima il pilota motociclistico Omobono Tenni ebbe un incidente mortale, nelle prove morì il grande Achille Varzi dopo uno spaventosi incidente – e anche la corsa stessa reclamò la vita di un’ulteriore vittima con il pilota privato svizzero Christian Kautz. La corsa fu poi vinta da Carlo Felice Trossi con un vantaggio di solo 0,2 secondi su Jean-Pierre Wimille; la nuova Porsche non si presentò in nessuna classe.

La vita selvaggia della «Nr.1»: cambi di proprietà e successi sportivi
Fin dall’inizio, il produttore di auto sportive Porsche utilizza le corse come piattaforma di prova per nuovi tipi di veicoli. Con Herbert Kaes al volante, l’11 luglio la Porsche tipo 356 «Nr.1» effettua un breve giro dimostrativo alla gara cittadina di Innsbruck. In occasione di questo evento, nel numero di agosto di Automobile Club Austria appariva una foto della 356 «Nr.1», insieme alla vettura VW Berlino-Roma Porsche tipo 64 sullo sfondo, la vettura guidata da Ferry Porsche. E nel numero di settembre veniva pubblicato un piccolo test.

Finalmente, il 7 settembre, Porsche otteneva la licenza di esportazione, dopodiché la 356 «Nr.1» Roadster veniva sdoganata in Svizzera; la forma della carrozzeria fu registrata come «Torpedo Sport». Il 16 dicembre ebbe luogo il collaudo tecnico a Zurigo. Dopo che alcuni difetti minori nell’illuminazione furono corretti, il 20 dicembre la «Nr.1» otteneva l’omologazione e la targa d’immatricolazione svizzera ZH 20640. Questa è stata dunque la prima Porsche omologata ufficialmente. Il primo acquirente fu un certo Peter Kaiser, un architetto tedesco residente a Zurigo che pagò per il veicolo importato tramite Bernhard Blank il prezzo allora sorprendentemente alto di 7.500 franchi.

La 356 «Nr.1» Roadster ha una vita selvaggia alle spalle, è quasi un miracolo che la vettura esista ancora e si trovi a Stoccarda come proprietà del Museo Porsche: Peter Kaiser era stato impressionato dalle prestazioni e soprattutto dell’eccellente assetto su strada della 356 «Nr.1» Roadster. La vettura pesava a vuoto solo 670 chilogrammi. Kaiser si rese però presto conto che i freni meccanici erano insufficienti e decise di sostituire i cavi freno con un sistema idraulico. Già in precedenza, storpiando per gioco il nome «Porsche», aveva ricavato il nomignolo «Pesco». Secondo i racconti di Kaiser, non voleva fare pubblicità a Porsche – e sarebbe dovuto sembrare più sportivo e italiano. La «Nr.1» era quindi veloce, ma varie imperfezioni come la rottura di alcune saldature, i sedili scomodi e un motore troppo debole indussero Kaiser a vendere la vettura a un concessionario dopo un anno. Questi, tale Augustin Schneider, incontrò delle difficoltà a rivendere questo veicolo a lui sconosciuto; probabilmente nel frattempo lo stesso Kaiser lo ricomprò. Fu solo nel luglio del 1951 che un’artista di Zurigo, una certa Elisabeth Spielhofer, si entusiasmò per la decappottabile. Ma, dopo sei mesi, la 356 «Nr.1» Roadster cambiò di nuovo proprietario, accasandosi con l’ex pilota Porsche Walter Hasler di Dübendorf. Anche lui non fu molto contento del modello Cabriolet e lo vendette nel giugno del 1952. La nuova proprietaria, la signorina Rosemarie Muff, era critica rispetto al cattivo impianto d’illuminazione. Lei però ebbe il coraggio di fare un viaggio di vacanza in Spagna con questa macchina. Ricordava come, ad ogni occasione, una grande folla di uomini si radunasse attorno a questa vettura di tipo nuovo e la ammirasse. Nel dicembre 1952 vendette anche lei la vettura per 3.500 franchi allo zurighese Hermann Schulthess.

Questi era un grande appassionato di auto sportive, durante la sua vita ha posseduto più di 70 Porsche e occasionalmente partecipava anche a corse. Insieme a Peter Kaiser, alla Mille Miglia del 1953 conquistò un notevole 2° posto nella categoria fino a 1.500 cm3 a bordo di una 356 Coupé. Dato che conosceva già i problemi della «Nr.1» grazie alla sua amicizia con Kaiser, Schulthess decise di migliorare il veicolo. Fino ad allora, la 356 «Nr.1» Roadster si trovava ancora in condizioni quasi originali. Schulthess fece montare nuovi freni e un motore da 1,5 litri da Porsche a Zuffenhausen con una spesa di 4.450 marchi tedeschi. Queste modifiche resero la «Nr.1» di nuovo competitiva, la macchina venne impiegata successivamente in diverse competizioni sportive minori come il famoso ACS Slalom (ACS = Automobile Club Svizzero) all’aeroporto di Dübendorf.

Durante un’uscita sul Passo del Gottardo, Schulthess dovette fermarsi davanti a un semaforo – e una Opel si schiantò sul retro della piccola decappottabile. Schulthess si sbalordì non poco quando dalla piccola Opel uscirono sei suore e, ancora scioccate, si fecero il segno della croce. Dal momento che la carrozzeria della 356 «Nr.1» Roadster era fatta di alluminio, il danno era considerevole. Schulthess colse l’occasione e il denaro dell’assicurazione per «modernizzare» ulteriormente la sua auto. Gli archi di passaggio delle ruote furono ingranditi in avanti e indietro, i paraurti eliminati e i bordi risvoltati. Le due luci posteriori furono sostituite con due luci rotonde, come nella 356, la modanature anteriori cromate furono tolte, al posto dei cerchi da 16 pollici vi erano ora ruote da 15 pollici – e l’auto fu riverniciata dal colore grigio all’argento. Nel settembre del 1953, la 356 «Nr.1» Roadster coglieva il suo maggiore successo sportivo: con al volante Marco Engeler, un amico di Schulthess, la vettura concludeva con un onorevole 2° posto la corsa alpina Mitholz-Kandersteg, alle spalle di Hans Stanek sulla sua Glöckler-Porsche.

Nel marzo 1954, la 356-001 si trovava in un’officina Porsche per l’assistenza. Anton Igoris, che aveva la sua 356 Coupé 1500 N proprio lì per una riparazione, fu così entusiasta della «Nr.1» da proporre sul posto a Schulthess di scambiarsi le vetture. Già dopo pochi giorni, Igoris si rese però conto che una coupé d’acciaio 356 era molto più moderna e migliore, e desiderava annullare lo scambio. Schulthess però si tenne il modello coupé. Fino al maggio 1956, la piccola decappottabile rimase dunque a Igoris, finché non venne scoperta da Franz Blaser che la comprò, rimise mano alle parti tecnologiche e si godette quella straordinaria Porsche. Nel 1956 e nel 1957 partecipò al raduno Porsche a Merano e là incontrò anche Ferry Porsche. Fu un incontro fortunato: la Porsche 356/1 ritornò da Porsche alla fine del maggio 1958 e, in cambio, Franz Blaser divenne l’orgoglioso proprietario di una nuova 356 Speedster.

Il primo rivenditore Porsche: l’importatore svizzero Bernhard Blank
L’importatore svizzero della 356 «Nr.1» Roadster e soprattutto finanziatore di Porsche della prima ora fu Bernhard Blank. Blank era una persona dall’aspetto imponente, un uomo d’affari di successo e proprietario dell’hotel «Europe» di Zurigo, al numero 4 di Dufourstrasse. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, vi aveva istituito anche un’agenzia di rappresentanza per i marchi inglesi Daimler, Lanchester e Allard e per un breve periodo era stato anche importatore generale per il marchio americano Tucker in Svizzera, vendendo pure un certo numero di queste vetture rivoluzionarie, malgrado non potesse esporre alcun veicolo dal vero. Dopo il tracollo dell’azienda Tucker, lo svizzero restituì tutti i depositi di tasca propria, per cui nessuno dei suoi clienti risultò danneggiato.

Blank entrò in contatto con Porsche per il tramite di Rupprecht von Senger, che amava definirsi architetto, ma probabilmente era un disegnatore edile e viveva in un semplice appartamento di due stanze nel comune zurighese di Bülach. Von Senger aveva conosciuto in tempo di guerra – forse tramite Max Troesch – l’avvocato Anton Piëch e sua moglie Louise a St. Moritz e ordinato nell’agosto del 1946 un progetto per una berlina alla Porsche Konstruktionen GmbH (numero d’ordine tipo 352). Nelle teste degli sviluppatori Porsche, però, frullava già l’idea della 356 e pertanto von Senger fu convinto a interessarsi al progetto della vettura sportiva. Von Senger promise di investire 100.000 franchi svizzeri nel progetto. Per l’epoca, e grazie alla forza del franco svizzero, questa era una somma molto ingente, con cui nel 1946 era possibile acquistare a Zurigo un condominio in un’ottima posizione. Von Senger conosceva anche Bernhard Blank – e riuscì a convincerlo a investire una tale somma nella Porsche che ancora doveva nascere. In cambio, a Blank veniva assicurato il diritto di vendita in esclusiva.

Secondo le dichiarazioni di Ernst Schoch, segretario privato e amministratore di Bernhard Blank, von Senger fece credere al suo «partner» che anche lui avrebbe investito la medesima somma e che i destinatari dei 100.000 franchi erano stati informati di tutto. Fu concordato che i signori Porsche e Piëch si sarebbero dovuti incontrare con Blank alla prossima occasione e questo incontro venne poi ripetutamente rinviato da von Senger con ogni sorta di scuse. Dopo più di un anno, Blank era seriamente preoccupato per i propri soldi. Il 20 settembre 1948, mentre camminava lungo la Bahnhofstrasse a Zurigo, Blank scorse dall’altra parte della strada von Senger in compagnia di un signore «in abiti austriaci». Blank attraversò la strada e notò che von Senger cercava di evitarlo. Quindi si rivolse direttamente allo sconosciuto salutandolo come «Dr. Porsche»: l’uomo rispose presentandosi come il Dr. Anton Piëch. Piëch, era il genero di Ferdinand Porsche, aveva una posizione importante presso Volkswagen in Austria, così come nelle varie aziende di Porsche ed era pertanto ben al corrente di tutti i progetti in corso e attivamente coinvolto nella gestione. Blank chiese informazioni sui progressi dello sviluppo dell’auto sportiva che sarebbe stata realizzata con i suoi soldi. Risultò subito chiaro che i destinatari dell’investimento non sapevano che fosse lui il finanziatore e che von Senger non avesse investito nulla direttamente. Da quel momento in poi, von Senger venne estromesso – e Bernhard Blank divenne il distributore diretto di Porsche fino al 1951.

Quando, il 16 dicembre 1948, ebbe luogo il collaudo tecnico della «Nr.1» in Svizzera, sia i documenti doganali sia le carte del collaudo tecnico facevano riferimento a Bernhard Blank, garage Riesbach. È pertanto acclarato che fu Blank a vendere la prima Porsche – e non Rupprecht von Senger, come viene riportato nella maggior parte delle storie Porsche.

Blank organizzò anche la prima apparizione di Porsche in un importante salone automobilistico, ovvero al Salone dell’automobile di Ginevra del 1949. In precedenza, aveva inviato il meccanico Werner Busenhart a Gmünd, in modo da fargli conoscere la tecnologia Porsche. Dopo oltre tre mesi, Busenhart ricevette lì una «attestazione», firmata dal direttore tecnico Karl Rabe e da Erwin Komenda, che si conclude con la seguente frase: «Ha pienamente sfruttato l’opportunità di familiarizzare con tutte le caratteristiche della vettura sportiva Porsche». Busenhart divenne dunque il primo meccanico Porsche ad essere formato come tale – e la prima rappresentanza ufficiale Porsche era pronta a partire. Blank trasformò una parte del suo hotel «Europe» a Zurigo in uno showroom, una vetrina venne dotata della scritta «Porsche».

Inoltre, Blank aveva inviato la seconda Porsche, la 356/2, presso la Carrosserie Beutler a Thun, affinché i fratelli Ernst e Fritz Beutler potessero verificare la possibilità di realizzare un modello decappottabile. Ernst Beutler esaminò la struttura dell’auto a Zurigo e fu subito colpito dalla semplicità e dalla qualità del telaio. Visitò immediatamente l’azienda di Gmünd per ricevere i dati e le istruzioni necessarie di prima mano. Già nel luglio del 1948 furono realizzati i primi disegni in scala 1:1, che furono inviati a Gmünd per essere esaminati. I progetti convinsero Erwin Komenda, responsabile della carrozzeria, e l’approvazione per un primo prototipo fu concessa. Beutler ricorda che il Prof. Porsche, G. Kaes ed Erwin Komenda gli fecero visita poco dopo a Thun. Gli uomini sembrarono molto soddisfatti del lavoro di Beutler, l’ordine per altre cinque cabriolet fu trasmesso tramite Blank. Un altro motivo per il viaggio della dirigenza Porsche in Svizzera era la ricerca di un nuovo sito produttivo. Gli immobili di proprietà a Stoccarda erano stati occupati dagli Alleati e nel 1948/49 si aveva l’impressione che vi sarebbero rimasti a tempo indeterminato. Pertanto, non era del tutto assurdo cercare una nuova sede di produzione anche in Svizzera.

A Gmünd le vetture venivano realizzate tra l’altro con assi anteriori e posteriori, freni, cambi e motori provenienti da residuati della Wehrmacht requisiti, come il fuoristrada VW da Klagenfurt. I parabrezza erano di vetro ordinario, gli altri finestrini in plastica proveniente da aerei. Molte parti come interruttori, luci, strumenti e lamiere leggere venivano importate dalla Svizzera. Von Senger avviò le forniture, poi Bernhard Blank assunse anche questo incarico della partnership. Alcune parti furono recuperate in Italia, anche sfruttando i contatti con il pilota motociclistico Carlo Abarth e l’ingegnere Rudolf Hruska, anche lui uno dei primi clienti Porsche, avendo comprato il diciannovesimo esemplare della Coupé Gmünd. Inizialmente, le parti provenivano dall’estero in modo piuttosto avventuroso oltre i confini fino a Gmünd, il momento difficile non lasciava altre possibilità. Tuttavia, i dirigenti erano consapevoli che a Gmünd non si poteva pianificare alcuna futura produzione automobilistica. Inoltre, la situazione geopolitica in Austria era complicata, ogni regione era sotto l’amministrazione di un’altra nazione: Gmünd era appunto sotto il controllo britannico, Zell am See «apparteneva» agli Americani, ma in mezzo vi erano zone francesi e russe. Ogni paio di chilometri si doveva superare un confine e mostrare i documenti necessari.

Il primo debutto fieristico – e nuove sfide
Per il Salone dell’automobile di Ginevra del 1949, Blank ordinò dunque, con l’approvazione di Porsche, una Coupé da Gmünd e una Cabriolet Beutler. Queste due vetture vennero fotografate sul lungolago di Zurigo poco prima dell’esposizione, richiamando l’attenzione di Jolantha Maria Tschudi. La giovane donna, figlia del fondatore della AMAG, poi «ceduta» nel 1945 con il nome di Nuova AMAG a Walter Haefner, aveva già raggiunto una certa notorietà con le sue spedizioni di ricerca attraverso l’Africa e come pilota sportiva di alianti. Tschudi visitò l’agenzia di rappresentanza Porsche all’hotel «Europe», dove acquistò immediatamente la Cabriolet Beutler blu scuro (356/2-002). Blank le spiegò che la consegna sarebbe stata possibile solo dopo il Salone di Ginevra, ma la cabriolet venne già omologata con la targa ZH 44035 per Jolantha Tschudi e portata sul Lago Lemano; solo dopo la fiera avvenne la consegna. Tra l’altro, anche Ferry Porsche e sua sorella Louise Piëch erano presenti a Ginevra.

Deve essere stato un grande momento per entrambi vedere i loro prodotti al Salone dell’automobile, allo stand 11 nel padiglione principale, circondati da spettatori curiosi e assediati da giornalisti affamati di informazioni, provenienti da tutto il mondo. Il successo al Salone fu, comunque, assai soddisfacente, perché il 1949 fu un anno pieno molte altre novità. Una vettura sportiva per 15.000 franchi, e rispettivamente 17.000 franchi per una cabriolet, non era necessariamente ciò che la clientela cercava, e la vicinanza tecnica alla Volkswagen non era un punto di forza perché il marchio VW non era ancora diffuso.

Ma, certamente, né Blank né il suo venditore Heinrich Kunz furono contrariati dal fatto che le vendite si muovessero entro una cornice gestibile. Dato che il suo capo non guidava le automobili particolarmente volentieri e con la sua altezza di quasi 1,90 metri si sarebbe anche accomodato male nella piccola 356, rimase a Kunz l’incombenza di convincere i numerosi giornalisti e i potenziali clienti con un test drive della 356 (356/2-001) color verde chiaro. La posizione di seduta molto bassa e l’ottimo assetto su strada impressionarono tutti i passeggeri. Tuttavia, poiché la potenza del motore era piuttosto debole e i freni meccanici non erano del tutto indiscutibili, Kunz evitò pendenze elevate e fissò il suo tracciato di prova sulla Seestrasse di Ginevra in direzione di Évian. Le due Coupé esposte (356/2-001 e 356/2-004) furono vendute rapidamente e ulteriori ordini seguirono. Per inciso, la seconda Cabriolet Beutler (356/2-003) era già in pieno uso durante il Salone di Ginevra.

La storia della più vecchia Porsche di serie ancora esistente è documentata fino all’ultimo dettaglio. Il 2 luglio 1948, il motore con il numero 356-6-014106 veniva testato per la prima volta sul banco di prova a Gmünd, il 6 agosto il telaio veniva esportato in Svizzera; secondo i documenti doganali pesava 366 chili. Nei registri dei fratelli Beutler il veicolo comparve per la prima volta il 6 gennaio 1949, per essere poi completato il 7 maggio, quindi ispezionato e pesato dalle autorità doganali (662 chilogrammi). Il 9 giugno, la 356/2-003 fu consegnata a Bernhard Blank – e già il 12 giugno la vettura rosso bordeaux vinceva il primo premio al Concours d’Élégance di Lucerna. In quell’occasione, il principe Mohamed Tahir Pasha, nipote dell’allora monarca egiziano Faruk, si sarebbe innamorato della vettura – per poi acquistarla in luglio o in agosto. Ma prima che il principe, che era anche presidente del Royal Automobile Club d’Egitto, potesse guidarla, l’auto fu portata su strada per la prima volta da Blank con la targa d’immatricolazione svizzera ZH 312. La 356/2-003 fu poi guidata direttamente fino a Gmünd il 20 agosto, dove furono effettuati alcuni lavori, tra cui un test del motore il 20 settembre. Solo allora, nel tardo autunno del 1949, l’auto fu spedita via Genova in Egitto. Tahir, che possedeva anche la Coupé Gmünd con il telaio numero 356/2-033, guidò spesso la sua Cabriolet Beutler attraverso l’Egitto e l’Europa. Il 20 maggio 1952, l’auto fu reimportata di nuovo in Svizzera e sei giorni dopo venduta a Julia Müller che però rivendeva l’auto già il 4 agosto successivo a Fritz Rosenberg di Basilea. Rosenberg fece revisionare la vettura nello stesso mese da Porsche a Stoccarda: tra l’altro il motore da 1,1 litri venne sostituito da un motore da 1,3 litri (con lo stesso numero di motore). Poco più di un anno dopo, il 22 settembre 1953, Rosenberg toglieva la vettura dalla circolazione e il 30 marzo 1954 la vendeva a un certo Dr. Loy nel comune bernese di Burgdorf. Tre mesi dopo, anche costui faceva revisionare la 356/2-003 da Porsche a Stoccarda. Il 30 marzo 1960, Hans-Peter Wyssmann acquistava la vettura, conservandola in suo possesso per 48 anni.

Già alla fine del 1949, Blank constatò che dopo i primi successi di vendita la domanda era notevolmente diminuita. I prezzi furono abbassati in settembre a 13.900 franchi per il modello Coupé e a 14.900 franchi per la Cabriolet di Beutler. Nel 1950, Blank non era più presente con Porsche al Salone dell’automobile di Ginevra. Il prezzo per il modello Coupé veniva nuovamente ridotto a 12.500 franchi e, come opzione, per 600 franchi era disponibile un tetto «apribile». Beutler era infatti impegnato in altri lavori e non prendeva più ordini per modelli cabriolet. Allo stesso prezzo era anche disponibile un’autoradio. Comprensibilmente, Porsche non era molto soddisfatta del comportamento di Blank, ma in cambio stava celebrando un grande successo sul fronte delle vendite in altri Paesi, come la Francia.

Prestazioni ammirevoli in tempi difficili
Gli storici ipotizzano che a Gmünd, oltre al prototipo 356-001, siano stati costruiti un totale di 52 telai. Sei telai cabriolet furono realizzati dai fratelli Beutler a Thun, oltre a due altri cabriolet che furono rivestiti presso delle carrozzerie viennesi. Un’altra parte di veicoli venne completata o assemblata a Salisburgo e a Vienna. Nel 1950 furono trasferiti a Stoccarda alcuni telai, da cui nacquero le 356 SL per l’impiego nelle corse.

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