A inizio settembre ha attratto tutti gli sguardi al Salone Internazionale dell’automobile (IAA) a Monaco di Baviera: la Mission R. La vettura da corsa interamente elettrica è per ora solo una visione. Un’idea di quale potrebbe essere il design futuro – mostrato nella concept car di una vettura sportiva per clienti Porsche interamente elettrica.
Il progetto – degli esterni come degli interni – ha affascinato, polarizzato, fatto discutere. E così deve essere. Gli studi sono ricerca di mercato applicata a un oggetto. Spesso si tratta soltanto di gusci esterni di bello stile. Showcar senza motore, senza tecnica sotto la pelle. La Mission R è però già una potente vettura da corsa.
«Questa è la filosofia Porsche», dice Michael Behr. Il direttore tecnico del progetto si occupa di gestire in modo armonico tutti quanti sono coinvolti nella Mission R e di controllare da vicino la realizzabilità. «Naturalmente, questo prototipo è per ora una showcar, ma soddisfa anche elevatissimi requisiti tecnici».
Attuazione della strategia Porsche
Sotto il guscio esterno esibito è stata implementata la strategia Porsche per la sostenibilità e la responsabilità sociale. Mentre la casa di Zuffenhausen già corre nella Formula E puramente elettrica, utilizza carburanti sintetici nella Porsche Mobil 1 Supercup e sta sviluppando una nuova vettura da corsa ibrida per lo sport endurance, con la Mission R si concepiscono ora anche corse clienti con vetture elettriche.
Questo tipo di studi futuristici è mostrato di rado da Porsche. Ma quando questo accade, di solito ne nasce una storia di successo. Come per la Boxster. Il suo studio fu presentato a Detroit nel 1993. Oppure la Carrera GT. Walther Röhrl la guidò davanti al Louvre di Parigi nel 2000. Nel 2010 fu poi presentato lo studio della 918 Spyder, questa volta a Ginevra. Alla IAA seguì nel 2015 il modello precursore della Taycan, la Mission E. Behr era coinvolto anche nella Mission E. «Questi sono incarichi con una pressione della tempistica enorme», afferma, «ma anche un sogno per l’ingegnere, che può iniziare da un foglio bianco». La Mission R non ha alcun modello di riferimento. Perché è lei a esserlo.
Pensata a fondo
Per le esigenze di Porsche non è sufficiente costruire solo un rolling chassis che poi esibisca una visione del reparto design. Lo spirito di Weissach pretende una dimostrazione di performance anche dagli studi. Nel processo di creazione ogni passaggio nel Computer Aided Design (CAD) è realizzato con la stessa perfezione che si applicherebbe a una vettura di preserie.
La Mission R ha una trazione integrale e 800 kW (1088 CV). La potenza è fornita da due motori elettrici. Prodotti a Zuffenhausen, così come il cambio monomarcia. Con un peso target inferiore a 1.500 chilogrammi, la vettura sportiva doveva superare lo sprint da 0 a 100 km/h in meno di 2,5 secondi. In base al rapporto la velocità massima supera i 300 km/h.
Raffreddamento diretto dello statore
Grazie al raffreddamento diretto dello statore – l’elemento fisso del motore elettrico dove gira il rotore – i propulsori forniscono una potenza continua particolarmente elevata. Alla vettura da corsa futuristica è sufficiente un unico circuito dell’olio e neppure una goccia d’acqua. Il raffreddamento olio diretto della batteria ad alta tensione si basa su un’innovazione sviluppata per la Porsche 919 Hybrid, tre volte vittoriosa a Le Mans. Anche il telaio è una tecnologia automobilistica avanzata e si contraddistingue per i doppi bracci trasversali. Si è pensato anche a un parabrezza riscaldabile per vedere bene nella pioggia in corsa.
«Al contempo, abbiamo cercato di migliorare il più recente potenziale della struttura leggera in ciascun dettaglio», spiega Behr. Qualche esempio? Un coperchio del cambio stampato in 3D è del 30 per cento più leggero di un coperchio colato. Grazie alla prestazione di frenata aggiuntiva per il recupero dell’energia è stato possibile risparmiare dodici chilogrammi nell’impianto frenante. La pelle esterna in materiale accoppiato non è solo leggera come una piuma, ma anche sostenibile: è fatta prevalentemente di fibre naturali con l’aggiunta di elementi in fibre di carbonio.
Eccellenza ingegneristica da Weissach
Weissach è sinonimo di progettazione eccellente, ma anche di arte artigianale. La costruzione del telaio del prototipo segreto è avvenuta a Flacht, al reparto corse. In seguito, è traslocato all’interno di Weissach nell’Edificio 100 – un’ala di massima sicurezza sotto lo studio di Style Porsche. Qui sono nati la forma esterna e gli interni.
Il telaio visionario deve uscire all’aria aperta tra queste due stazioni – ancora privo di carrozzeria protettiva. Per recarsi al test sulla pista per prove di slittamento del circuito di prova interno. Questo primo test funzionale, meno di sei mesi prima del debutto al salone IAA, è una pietra miliare fondamentale. Al riguardo non conta nulla il fatto che a questo punto molti elementi siano ancora provvisori. Per il roll-out è sufficiente un telaio ausiliario in acciaio, mentre la gabbia finale in materiale accoppiato deve ancora nascere. Anche sedile, volante e pedaliera sono ancora parti di vetture da corsa esistenti, i cerchi sono privi della consueta chiusura centrale.
Quel che Lars Kern sta guidando ora, appare nudo. E così pure lui – i colleghi attorno indossano ancora grossi giubbotti imbottiti in questa fredda giornata primaverile. «Vi sono senz’altro giornate di lavoro più tiepide», ricorda l’ingegnere di sviluppo ridendo, «ma anche altre nettamente peggiori. Poter contribuire a un progetto simile è assolutamente emozionante. Mi sono sentito felice come un bambino!» È sempre lui a guidare il dispositivo grezzo sulla pista di prova. Alcuni set di pneumatici dopo tocca al bilanciamento dei freni tra avantreno e retrotreno. «Mi ha sbalordito soprattutto quanto l’auto fosse già avanzata. E, naturalmente, anche l’intervento immediato della coppia possente e l’intera dinamica di marcia. Lì ho avuto la certezza: qui sta nascendo qualcosa che farà divertire tantissimo».
Info
Testo pubblicato per la prima volta nella rivista per i clienti Porsche Christophorus, n. 400.
Autore: Heike Hientzsch
Fotografo: Christoph Bauer
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