Lo sguardo al domani
Leri, oggi, domani. In un anno di ricorrenze importanti per la Casa di Zuffenhausen, Pietro Innocenti, CEO di Porsche Italia, racconta l’evoluzione del marchio nel nostro Paese e non solo. Una testimonianza diretta di un futuro che è già iniziato.
Nell’anno del 75esimo anniversario dalla nascita di Porsche, Pietro Innocenti ci racconta il marchio che lui guida e rappresenta dal 2012 con il ruolo di CEO di Porsche Italia. Una posizione privilegiata per vivere in prima persona i cambiamenti, non solo tecnici ma anche sociali, analizzandone le ricadute su un mercato che occupa saldamente il terzo posto in Europa, dopo Germania e UK, e il settimo a livello globale.
Pietro Innocenti, settantacinque anni di Porsche e sessant’anni di 911. Anniversari importanti. Come li vive Porsche Italia?
«Con un mood estremamente positivo. Usciamo da un anno record e non potrebbe essere altrimenti. Li festeggeremo quindi con il miglior spirito possibile cercando, come sempre, di essere fedeli alla visione di chi ci ha fondato settantacinque anni fa: portando avanti i valori di innovazione, pionierismo e anticonvenzionalità che sono tipici della storia Porsche e che promuoviamo quotidianamente nel nostro ambiente, con i nostri collaboratori e la nostra rete. Vogliamo utilizzare questo importante anniversario per rafforzare ancora di più questi aspetti della nostra cultura, importantissimi per la fase che sta attraversando l’intero settore automotive. Sono inoltre temi che saranno ricorrenti nelle tante celebrazioni in programma quest’anno, che chiameranno a raccolta tutti i nostri clienti nel weekend del 10-11 giugno. I festeggiamenti culmineranno poi con il tradizionale Porsche Festival, in programma il 7-8 ottobre a Misano».
Quando parla di pionierismo e innovazione si riferisce anche a Porsche Italia?
«Da dieci anni promuoviamo un concorso interno – i Pioneering Awards – che stimola la creatività e l’innovazione delle nostre persone. Ognuno ha la possibilità di presentare le proprie idee, siano esse rivolte allo sviluppo del business o al miglioramento del clima aziendale, sapendo di trovare un terreno fertile da parte di tutto il management. Questo ci garantisce di avere sempre idee nuove da analizzare e implementare che danno grande valore aggiunto all’azienda. Quest’anno, ad esempio, ha vinto un’idea rivolta all’avviamento al lavoro dei ragazzi che si avvicinano al mondo dell’auto, in collaborazione con le scuole salesiane. Anni fa aveva vinto un progetto di implementazione dello smart working: era un periodo ‘non sospetto’ e quando ci siamo trovati nella necessità di utilizzarlo per l’emergenza sanitaria e la pandemia non ci siamo trovati impreparati, anzi».
Qual è stata la prima cosa che l’ha colpita quando è arrivato in Porsche?
«La storia, la grande tradizione nel Motorsport, la forza della cultura interna e tanto orgoglio di appartenenza. Allora vivevo all’estero e non mi aspettavo che il brand avesse una tale forza nella patria di marchi illustri come Ferrari, Maserati, Lamborghini e altri».
È cambiato il marchio da quando è entrato in Porsche Italia nel 2012?
«Il 2012 è stato un anno orribile per tutto il comparto automotive e specialmente per le auto di fascia alta. Un periodo di contrazione delle vendite, con i clienti che addirittura si liberavano delle proprie auto e i concessionari preoccupati per un futuro che si prospettava incerto. Un periodo difficile, anche perché l’azienda arrivava da anni di successi e forse non era preparata a questo tipo di situazione. Poi, come sempre, ci si rimbocca le maniche e si prova a uscire dalla crisi. Perché le crisi sono sempre preoccupanti ma sono anche un’opportunità per affinare le armi e trovare il modo di uscirne in maniera creativa. Ci ha aiutati il distendersi della situazione sociale, l’arrivo di nuovi prodotti ma anche il lavoro che abbiamo fatto con la nostra rete, stando vicini alle concessionarie nel momento più difficile. Nell’ultimo decennio è cambiata molto la composizione del nostro network di vendita: siamo passati da una maggioranza di aziende familiari ad una compagine di Gruppi importanti con una struttura manageriale in grado di comprendere e gestire le dinamiche complesse del mercato».
E come è cambiata la clientela?
«Sicuramente Porsche gode di una fedeltà molto elevata da parte dei clienti storici, ma è anche vero che con prodotti come Macan e Taycan siamo riusciti a conquistare una clientela che prima non ci conosceva. La trasformazione più interessante credo sia stata quella di mettere al centro la qualità delle esperienze che siamo in grado di offrire come brand piuttosto che l’idea di status symbol».
Oltre all’innovazione tecnologica, il futuro del marchio parla anche di un modo nuovo di vendere, di acquistare, di usufruire dell’auto, di servizi su misura.
«Sicuramente è cambiato il mondo dei servizi che ruotano attorno all’automobile. Se prima il servizio si limitava all’assistenza, oggi ci sono nuove formule di fruizione del veicolo. Per esempio, di recente abbiamo lanciato una nuova offerta di noleggio a brevissimo termine, da tre giorni a sei mesi, per dare modo ad un pubblico sempre più ampio di accedere alle nostre vetture anche solo per un weekend.
Un’altra novità, impensabile dieci anni fa, è la vendita attraverso il web, una modalità che ha avuto un tasso di crescita del 50% (2022 vs 2021). Ma, al di là dei volumi, la caratteristica più significativa è che la maggioranza dei clienti che compra online è composta da persone che prima non conoscevamo. La vendita online ci ha permesso di ampliare il nostro pubblico, ma sempre in maniera integrata con i nostri Centri Porsche, che mantengono un ruolo centrale nel rapporto con i clienti».
Sembrerebbe che i giovani di oggi siano meno interessati alle auto. Quali crede possano essere le leve di attrazione in futuro?
«È vero che c’è una sorta di disaffezione verso l’auto da parte del pubblico più giovane. I miei due figli sono un esempio significativo: il più grande vive a Vienna e, da quando si è trasferito, mi ha restituito le chiavi dell’auto perché può contare sull’ottimo servizio offerto dai mezzi pubblici locali; la più piccola vive in una città, Venezia, dove non è possibile usare l’auto. Non credo però che la passione verso le auto sia destinata a morire. Nella nostra realtà, ci sono diversi esempi che mi confermano che esiste ancora un forte entusiasmo nei confronti dei nostri prodotti, riconosciuti e apprezzati soprattutto per la loro sportività. Mi riferisco ad esempio alla Porsche Esports Carrera Cup, il campionato virtuale parallelo alla Carrera Cup Italia, rivolto a giovani sim racer che vedono nei simulatori qualcosa di connaturato alla loro generazione. Lo percepisco anche nei weekend di gara della Carrera Cup Italia e al Porsche Experience Center Franciacorta, che offre la possibilità di acquistare un’esperienza con le nostre vetture a prezzi accessibili, coronando il sogno di guidare una Porsche in pista. Ci sono poi iniziative pensate proprio per intercettare un pubblico più giovane, come il Porsche On Board che crea una connessione con sport adrenalinici come il kitesurf, il foil, la mountain bike e l’arrampicata, e iniziative speciali con la musica. Senza dimenticare il mondo Classic, che sta attirando sempre più giovani che lo considerano ‘cool’, alla stregua dei vinili o della fotografia su pellicola.»
Il futuro di Zuffenhausen si concentra sull’elettrico. Il mercato italiano come ha accolto la Taycan?
«Dopo un po’ di scetticismo iniziale – normale quando si tratta di modelli molto innovativi – tutti quelli che l’hanno provata si sono ricreduti. È chiaro che, per ora, un’auto elettrica necessita una pianificazione degli spostamenti più laboriosa ma poi il piacere di guidarla è infinito. Personalmente sono un Taycanista convinto da tre anni. Percorro una media di 30mila km all’anno e, nella mia esperienza, non ho mai riscontrato grandi difficoltà. L’infrastruttura di ricarica, seppur ancora da potenziare specialmente nel centro-sud, ti permette di arrivare ovunque. E anche se non sempre c’è a disposizione una colonnina ad alte prestazioni, trovo che l’esperienza di guida ripaghi totalmente l’attesa. L’auto è fantastica e onestamente non tornerei indietro.»
Che ruolo gioca il nostro Paese nel mondo Porsche?
«Da sempre l’Italia è osservata molto da vicino da Porsche per ciò che mette in campo. Pensiamo al Nardò Technical Center, un fiore all’occhiello a livello tecnologico nel quale stiamo investendo tantissimo, non solo a livello strutturale. Al momento, per esempio, stiamo sperimentando soluzioni con il 5G per la mobilità del futuro, facendo test per la guida autonoma e sviluppando nuovi software per la connettività delle auto.
Ma anche il PEC Franciacorta è motivo di vanto dei colleghi in Germania. A un anno e mezzo dall’inaugurazione è già diventato un centro dal respiro internazionale, come testimoniano i visitatori di 66 diverse nazioni che abbiamo ospitato fino ad oggi.
Senza dimenticare che, in Italia, Porsche ha più di 150 fornitori: da Brembo a Pirelli, Mazzucconi, Conceria Pasubio, BM Plastic e molti altri che sono parte integrante della nostra filiera produttiva».
Qual è la sua Porsche del cuore?
«Ne ho tante, non una in particolare. Prendendo in prestito una citazione di un grande dell’automotive, direi che la mia Porsche del cuore è quella che verrà.»
Con lo sguardo sempre avanti, a immaginare il domani. In puro stile Porsche.