Questione di DNA

Porsche Italia – Una passione di famiglia: Nata e cresciuta tra le auto, Himara Bottini si ritrova al volante di una 911 T a portare passione pura e un tocco di femminilità nelle più prestigiose gare di regolarità. Perfino oltre oceano, in Australia, anche se il cuore batte per i raid africani.

   

Se ci fossero dei dubbi sul fatto che le passioni vere nascono nei primissimi anni di vita annidandosi nel nostro subconscio, Himara Bottini è la prova definitiva che è proprio così. Da più piccola della famiglia, e con un nome ispirato ad una pittoresca località della costa albanese, ha avuto il merito di sollevare mamma e sorella maggiore dall’«obbligo» di seguire papà nei fine settimana passati tra i porschisti: prima con la 911 2.7 RS, che lei ricorda impegnata nelle «brillate» sulla pista Pirelli di Vizzola Ticino, poi gironzolando tra i box dei circuiti che ospitavano il Trofeo Targa Tricolore che Porsche Italia organizzava alla fine degli anni '80, una specie di antesignana della Carrera Cup. Il papà correva per il Porsche Club Italia, prima con una 964, quindi con una 993 ClubSport: «Non ci potevo credere a quanto ero fortunata: fino al 1998, quando poi ha smesso di correre, per andare in pista a seguire mio padre – un vero gentleman driver che arrivava in circuito guidando la macchina da gara –, il sabato mattina a scuola ero sempre assente giustificata, tranne quando c’era la versione di greco o latino».

Nel frattempo, Himara si iscrive all’università a Milano (è laureata in Lingue e Letterature straniere) e per papà, che ha una famosa carrozzeria a San Giorgio su Legnano, fa piccoli lavori: «Andavo a lezione in treno e al ritorno passavo da concessionarie e officine Porsche a ritirare le auto dei clienti da portare a riparare. I miei compagni mi prendevano in giro: ‘Con che macchina torni a casa stasera: 964, 993 o Cayenne?’ chiedevano». Poi accadde l’inevitabile e Himara prese parte alla sua prima gara, in pista, a Monza, in occasione della Boxster Lady Cup. Arrivò nelle ultime posizioni e, anche se suo padre era entusiasta della performance, lei capì subito che la velocità non era nelle sue corde: «Non avevo la grinta, il sacro fuoco dell’agonismo. Ci rimasi un po’ male, ma poi scoprii la regolarità».

Subito al massimo

Subito al massimo

La piccola Himara posa felice con una Dino 246 GTS davanti alla carrozzeria di famiglia

Accadde nel 2012, al «Terre di Canossa», al quale partecipò con una 911 T del ’68 che suo padre le affidò perché «era la più tranquilla tra le auto della piccola collezione di famiglia». Per lei, che sulle auto storiche c’era sempre salita da passeggera, è la svolta e iniziano le avventure al volante. Nel frattempo, sempre dall’appassionato di famiglia (il papà), arriva un regalo speciale, una Triumph TR3 del ‘57: «Lui ha sempre sostenuto che con la 911 ero troppo viziata e che avrei avuto bisogno di guidare auto più complicate, visto che ho un’adorazione per quelle anteguerra, con Bugatti in pole position. In questo le inglesi sono una palestra perfetta: non frenano e non tengono la strada». Con la bianca spider iniziano anche le gare vere, come la Mille Miglia del 2016: «Una corsa molto impegnativa e affascinante. Anche se sei una persona normale, in quei due-tre giorni ti senti un’eroina, acclamata dalla folla che si accalca sul bordo delle strade. Emozione pura», dice Himara, occhi ridenti che le illuminano il viso. Tra un’auto e l’altra, l’esperienza cresce e nel 2018 Himara vince il Trofeo Nazionale Regolarità e diventa «Top Driver»: «Una bella responsabilità e qualche vantaggio», dice. «All’ultima Targa Florio Classic sono partita col numero 8!»

Primo amore

Primo amore

Il debutto di Himara nelle gare di regolarità avviene con la 911 T al «Terre di Canossa» 2012

Oltre ad averla messa dietro il volante della sua 911 T, che lei ha equipaggiato con sedili sportivi Recaro («non originali, ma molto comodi») e scarico sportivo, la passione viscerale di Himara per le auto le ha permesso di togliersi qualche soddisfazione: viaggi a Goodwood, rigorosamente con una 911 S del ’68 rossa, a Le Mans Classic e persino in Australia, per una rievocazione locale della Targa Florio. Anche se il sogno vero è targato Africa, da attraversare con uno dei raid che hanno legato motori e avventure estreme. 

Tra tanti sogni, la realtà di un lavoro che la occupa 11 ore al giorno nella carrozzeria di famiglia, un’impresa che ha appena compiuto i 75 anni di attività e che la assorbe quasi totalmente: «Mi piacerebbe vincere una gara importante, tipo il Trofeo Nuvolari o la Targa Florio, ma con la professionalità che c’è ormai tra i regolaristi, dove lo trovo il tempo per allenarmi?».

Alessandro Giudice
Alessandro Giudice