Tutti a scuola!
Di tecnica e non solo
Porsche Italia – professionisti in cattedra: con lo Scholarship Programme, Porsche Italia offre ai giovani talenti «under 23» iscritti alla Carrera Cup di confrontarsi con i migliori professionisti. Piloti, tecnici ma anche esperti di comunicazione, per gestire il talento e l’immagine
Operazione futuro. Come pilota Porsche, magari. Se c’è da citare un progetto che sa guardare oltre e che distingue in maniera «definitiva» la Porsche Carrera Cup Italia da analoghe serie è quello legato al coaching dei giovani piloti che approdano nel monomarca delle 911 GT3 Cup. È lo Scholarship Programme, che Porsche Italia riserva agli under 23 per curarne e migliorarne tutti gli aspetti: da quello sportivo e del talento «puro» a quello tecnico e relazionale. Un programma che mira a formare un pilota a 360 gradi in modo che sappia eventualmente rappresentare al meglio il marchio Porsche.
La strada del successo: preparazione atletica, mental coaching, tecnica di guida alla base dello Scholarship Programme
Perché lo Scholarship offre anche la possibilità di diventare pilota Junior ufficiale giocandosela a fine stagione con i migliori «under» provenienti dalle Carrera Cup di tutto il mondo, come riuscì a Matteo Cairoli nel 2014. Quest’anno il pilota italiano più «anziano» inserito nel programma è Lodovico Laurini, insieme a Monaco e Festante uno dei tre piloti ad averlo già vissuto lo scorso anno e vincitore dell’ultima gara 2019, a Monza, quando superò Bertonelli e Quaresmini in un fotofinish da cineteca.
Parmense di Busseto, classe 1997, Laurini spiega che «è anche un modo per imparare a relazionarsi con tutti, giornalisti e sponsor compresi. L’obiettivo è formare piloti in pista e fuori». Ti senti maturato in questo senso? «Sì. All’inizio ho fatto fatica a comprendere il reale significato del programma, poi a mano a mano ho capito la grande esperienza di chi ci segue e ho imparato a ‘mettermi a disposizione’. Quest’anno mi sto affidando molto di più a queste figure. E ho imparato a gestire le situazioni, soprattutto a cambiare mentalità a seconda delle diverse circostanze. Sono migliorato molto rispetto a inizio 2019, ma ho ancora strada da fare». Raccontaci il weekend-tipo di un giovane del programma. «Frequentare lo Scholarship è impegnativo, nel senso che devi riuscire a dividere bene il tuo tempo, tra lavoro con il team e con i coach. Nel meeting iniziale, al venerdì, ci danno consigli base sulla pista e noi diciamo la nostra e come ci siamo preparati. Prima delle sessioni si fa un’attivazione fisica, che comprende ad esempio stretching ed esercizi di reattività ma pure attività che prevedono un lavoro di squadra. Negli incontri pre e post prove del sabato, siamo in «modalità qualifica» ed esaminiamo il giro singolo fornendo le nostre impressioni su ogni curva, senza segreti. Un confronto importante e magari un piccolo vantaggio per chi è più in difficoltà. Nei meeting di gara si analizzano di più i fattori di approccio, passo e ritmo». Qual è il momento più importante? «Il sabato, dopo gara 1. Hai già affrontato tutte le condizioni e hai la sera e la domenica mattina per pensare e cercare quello che ti manca in ottica gara 2. Credo sia proficuo prendere lo Scholarship molto seriamente…»