Suole da campioni

Chi voleva vincere la Targa Florio, aveva bisogno di una grande sensibilità sul piede dell’acceleratore. Questo è il motivo per cui tanti piloti confidano nell’arte del calzolaio Francesco «Ciccio» Liberto che da oltre 50 anni realizza scarpe da corsa per piloti. Una capatina dal maestro – accompagnati da Gijs van Lennep, il vincitore dell’ultima grande Targa Florio.

Serie di modelli Porsche 718 Cayman
Consumo carburante combinato: 9,0–6,9 l/100 km
Emissioni CO2 (combinato): 205–158 g/km
Classe di efficienza: G–D, Svizzera: G (Stato 09/2018)

Ovviamente, conosce ancora ogni singola curva. Le serpentine dolcemente allungate così come quelle terribilmente strette che si snodano lungo la catena montuosa siciliana delle Madonie. Sulla strada verso Cerda, a circa un’ora di marcia a sud-est di Palermo, Gijs van Lennep accelera. La sua meta è una piccola bottega al limite della città vecchia di Cefalù, uno dei più bei borghi d’Italia. Ma, davanti a sé, van Lennep tiene ancora gli occhi fissi solo sulla strada. «In molti punti non vi erano neppure i guardrail, all’epoca», ricorda, mentre sterza audacemente la Porsche 718 Cayman in una curva pericolosa e imprevedibile.

A quei tempi, centinaia di migliaia di spettatori si schiacciavano ai bordi del percorso della Targa Florio, la famosa e famigerata corsa di durata attraverso il paesaggio montano della Sicilia. Nei suoi ricordi, van Lennep può ancora scorgere gli astanti davanti ai quali sfrecciava, intenti a gesticolare per l’entusiasmo. Ora è passato già tanto tempo – 45 anni, per essere precisi. Nel 1973, van Lennep vinceva l’ultima edizione della Targa Florio come gara del Campionato mondiale a bordo di una Porsche 911 Carrera RSR con Herbert Müller. Undici giri di 72 chilometri ciascuno. Circa 900 curve per giro in 6 ore e 54 minuti. Non una cosa per tipi impressionabili. L’arte di vincere era tanto semplice quanto folle: «Si trattava di correre in mezzo alle curve il più a lungo e velocemente possibile», racconta il pilota 76enne.

A un paio di chilometri di distanza, Francesco Liberto, per tutti «Ciccio», sta nella sua bottega sul lungomare del porto di Cefalù e con il dito segue delle linee curve su un foglio di carta ingiallita. È un contorno del piede destro di van Lennep che Ciccio tracciò molti anni fa per cucire una seconda pelle attorno all’arto dell’olandese – come fece per molti altri piloti famosi prima e dopo di lui. Jacky Ickx, Herbert Linge, Carlos Reutemann, Leo Kinnunen, Gerhard Mitter, tutti si sono fatti prendere le misure da Ciccio, anche l’attore tedesco Daniel Brühl che ha interpretato Niki Lauda in Rush, l’epico racconto sulla Formula 1 del grande schermo. Quasi malinconico, l’82enne siciliano ripensa al passato: ad Alain Delon, per cui cucì delle scarpe nere durante le riprese del film Il gattopardo. A Romy Schneider, i cui piedi gli sembravano «come cipolle» e per i quali adattò dei sandali, un incarico per lui non facile.

Oppure al cantautore Lucio Dalla, entusiasta guidatore di Porsche che ordinò delle scarpe biancorosse. Da alcuni anni, l’UNESCO ha elevato la bottega artigiana di Ciccio al rango di patrimonio dell’umanità.

Tutto come ai vecchi tempi:

Tutto come ai vecchi tempi:

nella sua bottega nella città vecchia di Cefalù il tempo sembra essersi fermato. Francesco Liberto si occupa della sua calzoleria artigianale come un tempo. Solo non più tante ore al giorno

Primo incarico in pizzeria

Nella sua bottega quasi da museo, ricolma di scatole da scarpe e reliquie di piloti, Ciccio marcia avanti e indietro. È «un po’ emozionato», perché sono due anni oramai che non vede il suo amico van Lennep. Alle pareti sono appese fotografie con dediche e biglietti di ringraziamento. Il suo sguardo si sofferma su immagini di Ignazio Giunti, Nanni Galli e Vic Elford. Tutto cominciò con loro.

«La gioia negli occhi dei miei clienti, ecco cosa mi spinge» Francesco Liberto

I piloti dell’Alfa Romeo Giunti e Galli incontrarono Ciccio in un ristorante di Cefalù nel 1964. All’epoca, il «circus» del motorsport non era così esclusivo e respingente come oggi. Per il giovane calzolaio, attirato magicamente dalla miscela di audacia, brama di velocità e tecnologia, la scintilla scoccò rapidamente. Davanti a una pizza raccontò ai due piloti della sua bottega artigianale. E riportò via con sé in bottega l’incarico di realizzare per loro delle speciali scarpe da pilota. Dovevano essere morbide, con una suola sottile, senza bordi né tacco come una scarpetta da ballerina, in modo che, indossandole, si mantenesse la sensibilità per il pedale dell’acceleratore. «A quei tempi i piloti avevano scarpe fuori dall’ordinario», si ricorda. Alcuni si presentavano al via con scarpe da ginnastica. Altri indossavano pesanti scarpe chiodate con bordi larghi, assolutamente inadatte per una corsa. Ciccio si mise al lavoro e creò il design che ancora oggi attira nella sua bottega turisti da tutto il mondo: alte alla caviglia o come stivaletti, con lacci e fianchi laterali impuntiti in colori vivaci che volentieri sono quelli del Paese di chi le indosserà.

Iconico:

Iconico:

il design delle scarpe da racing è da tempo diventato di culto. Così come il loro creatore, che si reca ancora sempre a piedi alla propria bottega

Con mano ferma, Ciccio taglia e cuce lungo la morbida pelle di nappa, tende il cuoio sui listelli, gli dà forma e lo liscia. Fino a oggi. Il primo paio realizzato per Giunti si trova al Museo tedesco del Cuoio a Offenbach. Il pilota lo ha lasciato in eredità al museo. Nel 1968, Vic Elford, con le scarpe di Ciccio ai piedi, vinse la Targa Florio e da allora in poi ne ordinò ogni anno un nuovo paio. «I piloti sono superstiziosi», racconta Ciccio con un sorriso. «Da quel momento tutti vollero avere le mie scarpe».

Consegna alla partenza della Targa

Da un momento all’altro, l’amico dovrebbe fare la sua comparsa. Ciccio sbircia sulla strada. «Mi piacciono Alfa e Ferrari. Ma il mio cuore ha sempre battuto per Porsche», dichiara e si precipita fuori dalla bottega quando infine van Lennep passa ronzando sul lungomare nella 718 Cayman blu Miami. Il parcheggio davanti al negozio di Ciccio è un po’ stretto, Ciccio chiede a un passante di spostare un cesto di fiori affinché la vettura sportiva abbia spazio a sufficienza. Quando van Lennep scende dall’auto, allarga le braccia: «Benvenuto, amico mio!»

«Le sue scarpe sono straordinarie. In gara le indosso ancora oggi» Gijs van Lennep


«Arrivo appunto dalla Mille Miglia», racconta van Lennep. «Pensa un po’, che scarpe ho indossato?»

«Le mie, naturalmente», ride Ciccio. Il pilota s’è fatto cucire in passato da lui tre paia di calzature, con strisce arancioni e bandierina dei Paesi Bassi applicata ai lati. «Ho sempre ordinato le scarpe all’inizio della settimana delle prove, ritirandole dopo sette giorni», racconta. «E in quella settimana dovevo lavorare giorno e notte», aggiunge Ciccio. «Era la mia corsa prima della corsa».

«E tu, fai ancora scarpe?», chiede van Lennep, come se non sapesse già la risposta. «Ma certo. Quando smetterò di lavorare, morirò», dice Ciccio. Chi potrebbe comprenderlo meglio del pilota che a nove anni sedeva per la prima volta al volante, ha partecipato a 250 corse per piloti professionisti e corre ancora oggi nei rally su Porsche 356, non di rado sorpassando i rivali più giovani.

L’esperienza paga, ma anche la costanza. «Si deve persistere», dichiara convinto Ciccio. Lui si attiene a questa regola anche nel privato. «Il prossimo anno mia moglie e io festeggiamo le nozze d’oro», annuncia con orgoglio. Van Lennep ride compiaciuto. Può competere ottimamente anche in questo. «Per noi, in ottobre saranno 51 anni».

Barbara Esser
Barbara Esser