«70 anni di vetture sportive Porsche»
in una giornata
Porsche Svizzera: Come si lascia trasmettere al meglio il fascino di una vettura sportiva Porsche? Con un viaggo mozzafiato, attraversando tre strade di passo svizzere. Sulla strada con otto modelli chiave da 70 anni di storia Porsche.
Tre passi in sette vetture sportive
Con un sonoro «clic!», la porta si chiude di scatto. È tutto di un bel colore rosso qui. I sedili a guscio in pelle avvolgono solo la parte strettamente necessaria della schiena e farebbero bella mostra di sé anche in compagnia di un tavolino reniforme degli anni Cinquanta. La leva del cambio, posta molto in avanti, si piega verso la mano destra, a malapena si osa afferrare il volante sottilissimo. Il sedile leggermente portato in avanti, gli specchietti aggiustati all’indietro con la mano – la Porsche 356 Speedster è pronta a partire.
In marcia su strette stradine che hanno visto passare già le prime Porsche.
Vedere è una cosa, guidare, sentire e provare è un’altra. Al museo si può comunicare la storia, ma il fascino del marchio Porsche può essere avvertito davvero solo dietro al volante. Viaggiando attraverso la Svizzera, lontano dai larghi nastri d’asfalto. Piuttosto, per quelle strette stradine che hanno visto passare già le prime Porsche vendute in Svizzera. Quelle vetture che hanno rivoluzionato con il loro design, la loro tecnica e il loro stile l’esperienza di guida. Un tempo, chi voleva soltanto arrivare, desiderava puramente scendere dalla macchina. Ora l’obiettivo diventa il movimento e l’arrivo è solo una tediosa sosta prima della prossima strada.
Davanti a noi si profilano oltre sei ore e mezza e più di 300 chilometri.
Tempo e opportunità più che sufficienti per sperimentare progresso tecnico e cultura di guida in modelli leggendari da 70 anni di storia Porsche. Il tragitto ci porta dall’Hotel Waldhaus Flims passando per il passo San Bernardino fino a Bellinzona, poi verso il Gottardo e attraverso la vecchia strada del San Gottardo fino alla cima di passo e poi via Disentis di ritorno a Flims. Per l’anniversario tondo del marchio, esattamente sette decenni dopo che il governo della Carinzia aveva concesso al fondatore dell’azienda Ferry Porsche l’omologazione per la sua primissima auto sportiva con il numero di telaio 356-001.
Oggi la capote rimane sotto la tela catramata
Motore boxer centrale a quattro cilindri con 35 CV dal Maggiolino Volkswagen, peso di 585 chilogrammi e una velocità massima di 135 km/h: questi erano i dati allora impressionanti della «prima» Porsche. Nella primavera del 1949, la zurighese Jolanda Tschudi divenne la prima cliente Porsche, acquistando una Porsche 356 aperta. La nostra 356 Speedster del 1955, che ora percorre la valle del Reno, sviluppa già 55 CV da 1,5 litri di cilindrata. L’uomo d’affari americano Max Hoffman apprendeva di Porsche dal giornalista svizzero Max Troesch nel 1950, cominciava l’importazione in America e avviava cinque anni dopo la Speedster aperta, nota col nome di «American Roadster», una variante economica con carrozzeria in acciaio al posto di quella in alluminio della 356-001. Il peso aggiuntivo era compensato da una capote pieghevole leggera e dall’omissione di vano portaoggetti, alette parasole e riscaldamento – it never rains in Southern California. E neppure oggi: la capote rimane sotto la tela catramata. A destra in direzione di Bonaduz; la Speedster brontola sopra il pavé. Immediatamente si potrebbe girare di nuovo a destra – al borgo Carrera presso Valendas.
Carrera – è il momento per un grande balzo nel tempo. Perché questo nome è stato portato per la prima volta dalla Porsche 911 RS 2.7 e siamo già nel 1972. Vernice giallo canarino, interni nero notte, adesivo «Carrera» sulle porte e soprattutto: sopra il motore boxer a sei cilindri con – ovviamente – 2,7 litri di cilindrata e 210 CV, uno spoiler si alza verso il cielo. Il primo su un’auto sportiva omologata da strada. Non solo un ornato ispirato al motorsport: il componente aerodinamico battezzato «coda d’anatra» fornisce la necessaria stabilità di marcia ad alta velocità sulla RS, la cui sigla richiama le corse, «Rennsport» in tedesco.
Nel 1963, Porsche aveva introdotto la sostituzione dei modelli 356 con le prime 911. Sul design vi sono pareri discordi, ma alla fine il figlio di Ferry Porsche, Ferdinand Alexander, riesce a imporre la caratteristica forma della carrozzeria che ogni bambino può disegnare ancora oggi. Con la RS 2.7 concepita dal capo sviluppo Ferdinand Piëch, per la Noveundici arriva un primo apice progettuale – e noi raggiungiamo la cima di passo del San Bernardino.
La super Noveundici è pensata come base per le vetture da corsa dei clienti – con motore alesato, lamiere e dischi ultrasottili e per la prima volta pneumatici misti. Per l’omologazione sarebbero necessari solo 500 esemplari per la strada, ma la clientela entusiasta continua a ordinare, finché infine sono 1.308 gli esemplari della versione comfort denominata «Touring» a uscire dalla linea di montaggio. L’affetto appassionato si può comprendere ancora oggi. Con un suono forte e chiassoso, la RS 2.7 sfreccia risalendo i tornanti. La frizione deve essere attivata con una certa forza, ma le cinque marce possono essere cambiate con un semplice movimento del polso. E quest’auto dovrebbe avere 46 anni? Difficile da credere. Passiamo accanto al cartello del passo a 2.047 metri. Il sole scotta, ma sulle rive del Laghetto Moesola fa fresco.
A Bellinzona nel modello G
Passiamo alla vettura coupé bianca dietro di noi. Un anno dopo la RS 2.7, nel 1973, la 911 è rielaborata a fondo nella serie G. La carrozzeria è modernizzata solo nei dettagli; i paraurti sono dotati di smorzatori per soddisfare le norme americane per i crash test e tra le luci posteriori si estende una fascia di raccordo. Fino al 1989, dopo quasi 17 anni questa 911 Carrera 3.2 Coupé esce dalla linea di montaggio come ultimo modello G prodotto, la potenza del motore boxer a sei cilindri è aumentata da 150 a 231 CV. E il progresso si avverte: riscaldamento e ventilazione possono essere gestiti in modo più confortevole, i sedili e lo sterzo sono ottimizzati per essere idonei ai viaggi lunghi. Ciò che rimane invariato è il suono meravigliosamente roco che echeggia dalle rocce mentre scendiamo verso Misox. E che si può godere ancora più intensamente nel modello G Cabriolet con la stessa motorizzazione nel tratto successivo.
Il suono roco del modello G echeggia dalle rocce durante la discesa.
Ma ora è meglio guardare fuori, perché è necessario farlo quando si sale dal centro di Bellinzona fino al Castello di Sasso Corbaro. La strada sembra scavata nella montagna, il traffico in senso opposto obbliga a un lavoro di precisione dietro al volante, ma l’osteria nella corte ricompensa sia per i brividi in salita sia per la vista mozzafiato giù nella pianura e sul Lago Maggiore. Il motore boxer raffreddato ad aria nella parte posteriore della G Cabrio scoppietta; le porte si chiudono con lo stesso «clic!» della Speedster. A pranzo, abbiamo già 41 anni di storia Porsche alle spalle. E poi la prossima generazione davanti a noi. Già nel 1988, Porsche presentava la gamma 964, il successivo stadio evolutivo della Noveundici. Naturalmente, sulla parte posteriore rimase il nome familiare. Rinominare la 911? Nessun cliente avrebbe mai approvato, ancora oggi. Tuttavia, la 964 segna una rottura significativa: circa l’85 per cento di tutti i componenti sono di nuova concezione.
La 964 segna un cambio significativo nel 1988.
Cruciale per la Svizzera: viene offerta anche la trazione integrale.
Viaggio attraverso la Svizzera lontano da larghi nastri d’asfalto.
Il suo motore a sei cilindri da 3,6 litri ha un’accensione doppia e sviluppa 250 CV, il telaio è completamente rinnovato e per la prima volta lo spoiler posteriore si estende automaticamente a velocità superiori a 80 km/h. Cruciale per il mercato svizzero è però la trazione integrale offerta per la prima volta, in cui la coppia è distribuita in modo variabile tramite impianto elettroidraulico tra gli assali anteriore e posteriore per ottenere una trazione superiore. Lo scatto a 100 km/h viene effettuato dalla nostra 964 Carrera 4 Coupé in 5,7 secondi; l’ingresso sull’imbocco della A2 in direzione del massiccio del Gottardo ne lascia percepire un accenno.
Il fascino del marchio Porsche si avverte davvero solo dietro al volante.
Sì, ora un po’ di autostrada per un breve tratto fino a Giornico, poi ci inoltriamo nuovamente tra i villaggi. All’interno, la 964 sembra già quasi una vettura contemporanea. Solo il colore della tappezzeria – un bordeaux dai toni violacei – testimonia lo spirito del tempo di fine anni Ottanta. Improvvisamente, suona un rimbombo sotto le gomme; la trazione integrale spinge la Noveundici nelle prime curve di pavé della Tremola, la vecchia strada del Passo del Gottardo che è stata riaperta puntualmente, per così dire, dopo la chiusura invernale. Sopra la piazza d’armi di Airolo cambiamo poi per la strada cantonale che si innalza verso l’alto in ampi tornanti e apre suggestive vedute.
Cima del Passo del San Gottardo, ci raduniamo per l’ultimo terzo del viaggio. Il vento soffia freddo sopra l’ultima neve – forse per adesso meglio non una Cabrio, per favore. Passiamo a un’altra 911 Coupé color argento: la 993, l’ultima delle Porsche raffreddate ad aria. Già nel 1993 sostituiva la 964, con un minimo di 272 CV di potenza e una forma modernizzata. Forse non la più ricercata tra le Noveundici classiche raffreddate ad aria, ma sicuramente la più matura dal punto di vista tecnico. Scendiamo ad Andermatt. Mentre lo sterzo dei modelli precedenti richiede ancora una mano ferma, la 993 si lascia curvare in discesa quasi da sola. Invece di dirigerci verso la spettacolare Gola del Diavolo, teniamo la destra verso il passo dell’Oberalp e Tujetsch.
Oltre il passo dell’Oberalp nella 996
Penultimo cambio di vettura. D’ora in poi celebriamo gli anniversari tondi della Porsche 911 – innanzitutto nel modello per il 40esimo anniversario. Nel 2003, Porsche lancia la 911 Carrera «40 anni Porsche 911» sulla base della prima generazione con motore boxer raffreddato ad acqua. Il tono di vernice argento metallizzato è stato ripreso dalla super Porsche Carrera GT, insieme agli interni in pelle, al telaio sportivo e al sistema di controllo elettronico della stabilità PSM. Nonché un motore a sei cilindri raffreddato ad acqua. Con il lancio di questa generazione Noveundici, chiamata 996, nel 1998 Porsche mette fine dopo mezzo secolo al sistema di raffreddamento ad aria ormai tecnicamente esausto – regolamenti più severi in materia di rumore ed emissioni hanno preteso il loro tributo. Ma regalano anche un balzo in avanti della potenza a 300 o 345 CV nel modello dell’anniversario.
La 991 conclude mezzo secolo di Noveundici.
Ruote con design Fuchs e sedili con motivo a quadretti pepita chiudono il cerchio del tempo.
La sua età si avverte a malapena – scorre leggera come la sua controparte attuale. Le sfumature del suono da sega circolare erano tuttora presenti, ma, in questa generazione, la 911 fu curata dalla sua raucedine. Fu così fatto un grande passo in direzione di un maggiore comfort e una maggiore idoneità all’uso quotidiano. Alle porte di Disentis è il momento per l’ultimo passaggio al modello 991 lanciato nel 2011 e ancora attuale. La sua posizione nel ciclo dei modelli gli ha regalato il privilegio di completare il primo mezzo secolo della 911. Come modello speciale «50 anni 911», oltrea esibire il discreto emblema «50» in rosso sulla parte posteriore è dotato di cerchi speciali nel design Fuchs, di sedili con motivo a quadretti pepita e – nonostante la trazione posteriore – dell’ampio posteriore dei modelli a trazione integrale. Anch’esso segna un punto di svolta: le versioni Carrera e Carrera S in questa generazione sono le ultime con motore aspirato a sei cilindri da 400 o 430 CV nella parte posteriore.
Con un quattro cilindri schiamazzante, la 356 Speedster del 1955 esce di fronte all’ingresso del Waldhaus Flims di sera; dietro si allineano sei delle Porsche 911 più affascinanti. Sette decenni di Porsche sono dietro di noi e con essi sette decenni di progresso tecnico, design tipico e soprattutto piacere del viaggio. 70 anni un giorno. Ci si potrebbe anche abituare.