Sogno alpino
La rampa nordorientale del passo dello Stelvio è senza dubbio la più spettacolare d’Europa. Migliaia di devoti delle curve in pellegrinaggio sui passi alpini popolano d’estate i 48 tornanti attorcigliati come spaghetti con i ghiacciai del gruppo Ortles-Cevedale alle spalle. Tortura per alcuni. Sogno per altri. Per tutti, un’esperienza.
1.532 metri
è la differenza di quota lungo la rampa sudoccidentale
Carlo Donegani, figlio dell’architetto Giovanni Donegani, ingegnere al servizio del governo austro-lombardo-veneto della monarchia asburgica, progettò gli argini del fiume Malero nella città di Sondrio e la Strada del Lario sulla riva orientale del lago di Como. La sua strada sul passo dello Spluga collega Spluga nel cantone svizzero dei Grigioni con Chiavenna nella provincia italiana di Sondrio. Quello che però ha reso indimenticabile Carlo Donegani è un sogno alpino.
82 tornanti
sono le cosiddette «svolte» da percorrere in totale
2.757 metri
di altezza fanno dello Stelvio il secondo passo più alto dell’Europa occidentale
Mancano sette metri e poi il suo passo dello Stelvio sarebbe anche il passo carrozzabile più alto nelle Alpi, davanti al francese Col de l’Iseran. Ma anche così, il più alto passo montano d’Italia, la «regina delle strade alpine», la «giostra più alta d’Europa», ha una grandissima reputazione: «la più fantastica strada carrozzabile al mondo», come l’ha intitolata il settimanale automobilistico britannico Top Gear.
Chi, dopo 26 chilometri e 48 tornanti ricavati nella roccia, ha superato la differenza di quota mozzafiato di quasi 1.900 metri della rampa nordorientale tra Prato allo Stelvio in Val Venosta e la cima del passo a 2.757 metri, dice «goodbye» a mai più rivederci, oppure continua a ritornare.
1825
è l’anno di apertura della strada di passo
Le serpentine vertiginose, incollate alla parete rocciosa, possono indurre dipendenza. Non importa se si sperimenti lo Stelvio al volante di una vettura sportiva, ci si tuffi nelle curve con la propria motocicletta oppure ci si spinga verso il cielo su una bici da corsa con pignoni grossi come salvagente sulla sola spinta dei propri muscoli: domare la «sacra montagna» di tutti i corridori sportivi è un’esperienza indimenticabile per chiunque la provi.
1848
è l’anno in cui il passo dello Stelvio divenne passo di confine tra Austria e Italia
49 km
misura la strada del passo dello Stelvio tra Spondigna presso Prato allo Stelvio in Val Venosta e Bormio in Valtellina
48 serpentine
devono essere superate lungo la rampa nordorientale
In quanto simbolo dell’architettura alpina, la strada del valico dello Stelvio al passaggio tra Alto Adige e Lombardia non è meno impressionante del Golden Gate Bridge sulla baia di San Francisco o del grattacielo Empire State Building a New York. Altrettanto appassionante del tragitto vero e proprio è l’intricata storia del passo: aperto dall’ingegner Donegani nel 1825, il passo dello Stelvio è stato sempre di importanza strategica e luogo di strenui confronti. Il fronte alpino nella Prima Guerra Mondiale passò di qui tra il 1915 e il 1917 attraverso l’Ortles e l’Adamello fino al lago di Garda. Altre battaglie ebbero carattere più pacifico. Negli anni Trenta si scatenarono lungo la serpentina raggomitolata di questa strada leggende delle corse come Hans Stuck, Rudolf Caracciola e Tazio Nuvolari.
1.842 metri d’altezzasi
frappongono tra Prato allo Stelvio in Val Venosta e la cima del passo
1954
è l’anno in cui i piloti tedeschi Helmut Polensky e Herbert Linge superarono il passo dello Stelvio sulla Porsche 356 SL Gmünd Coupé e poco dopo vinsero il rally Liegi–Roma–Liegi
Fausto Coppi, «il Campionissimo», tre volte campione mondiale di ciclismo, regalò allo Stelvio la sua particolare importanza in ambito sportivo quando, nel 1953, l’anno in cui il Giro d’Italia passò per la prima volta su questo percorso, affrontò il passo in una memorabile corsa solitaria. Coppi attraversò lo Stelvio con 4:27 minuti di vantaggio su Hugo Koblet. Il corridore svizzero cadde due volte, subì un guasto alla bici e giunse infine battuto all’arrivo di Bormio. Anche Coppi, però, dopo il suo primo incontro con il gigante, confessò: «Ho pensato di morire».