Solo volare è più bello

Cordoli al posto di dirupi, il rombo del motore al posto del fruscio del vento: per la prima volta, Jenna Gygi scambia la sua tuta alare con un casco da corsa e una Porsche, e sperimenta una nuova forma di euforia.

La velocità le è familiare. Conosce quella sensazione di assoluta lucidità e concentrazione, quell’istante in cui non si può più tornare indietro e il mondo sembra trattenere il respiro. Lei sa come affrontare il vento a testa alta e come beffare la forza di gravità. Concentrazione totale, dedizione radicale, controllo estremo al massimo livello: tutto questo fa ormai parte della sua quotidianità.

Eppure, in questa fredda e grigia mattina di giugno a Spielberg, la pilota di wingsuit Jenna Gygi si avventura in un territorio inesplorato. Nel paddock del Red Bull Ring regna una frenesia incontenibile, quasi come nelle trasmissioni di Formula 1 che guarda regolarmente in TV. Solo che qui tutto è reale e l’aria vibra letteralmente di energia. I meccanici si chinano sui cofani aperti, i cacciaviti pneumatici stridono, i motori rombano, e nell’aria si mescola l’odore pungente di gomma, benzina e adrenalina. Al posto di un dirupo, ad attenderla c’è un circuito di 4,3 chilometri, con tre lunghi rettilinei, dieci curve e 65 metri di dislivello. Invece di volare in caduta libera, si concede il brivido di una corsa a bordo di un’auto sportiva.

Jenna Gygi, pilota di wingsuit, 2025, Porsche Schweiz AG

E poi piove anche a dirotto. La pista brilla, bagnata e imprevedibile. «Con questo tempo, non oserei mai lanciarmi da un aereo o da una scogliera», afferma Jenna ridendo, mentre si infila il casco. Ma è pronta ad affrontare questa nuova sfida.

La trentaquattrenne bernese non ha alcuna paura della sua prima esperienza in pista. Non solo perché è abituata a situazioni ben più estreme, come i lanci da un massimo di 4.000 metri di altezza, spesso a pochi metri di distanza da pareti rocciose, ma anche perché il corso «Introduction to Racetrack», nel contesto del Porsche Sports Cup Suisse, è stato ideato appositamente per questo scopo: introdurre in modo sicuro, controllato e graduale i neofiti della guida su pista come lei alla dinamica, alla tecnica e alle sfide della guida sportiva.

Jenna Gygi, pilota di wingsuit, 2025, Porsche Schweiz AG
Precisione sotto la pioggia: Nonostante, o forse proprio grazie alle condizioni avverse, Jenna Gygi fa tesoro di esperienze preziose per guidare con maggiore sicurezza nella vita quotidiana.

Per cominciare, si entra subito nel vivo con il corso di guida, dove Jenna Gygi inizia a prendere confidenza con la Porsche 911 GT3. Come reagisce l’auto a comandi improvvisi di sterzata e frenata? Cosa fare se gli pneumatici perdono aderenza sul bagnato? Come si dosa la velocità senza finire in testacoda in curva? Jenna percepisce ogni reazione della Porsche in ogni fibra del corpo: l’auto sembra quasi viva. Poi affianca un istruttore come passeggera per qualche giro veloce in pista. Rimane profondamente colpita dalla calma con cui l’istruttore, ad alta velocità, scivola sulla pista, cambia marcia con una mano e comunica via radio con gli altri partecipanti.

Quando finalmente tocca a lei scendere in pista, la tensione sale. La visibilità è scarsa e la traiettoria dell’istruttore che la precede è quasi impossibile da distinguere. «Non dimenticare di respirare», deve ripetersi più volte. «Poi sarà più facile» E in effetti, giro dopo giro, tutto diventa più semplice. Più si rilassa, più acquisisce sicurezza e fiducia. Nella macchina e in se stessa.

Jenna Gygi, pilota di wingsuit, 911 GT3, 2025, Porsche Schweiz AG

Per molti può sembrare paradossale che una donna che si lancia regolarmente nel vuoto, indossando solo una tuta di tessuto sottilissimo, parli di sicurezza. Eppure, per Jenna, è proprio questo il fulcro del suo sport. Nessun salto è improvvisato: ogni volo è frutto di una pianificazione meticolosa, con un margine di sicurezza di almeno il 20 per cento.

Jenna Gygi, pilota di wingsuit, 2025, Porsche Schweiz AG
Piena concentrazione: Jenna Gygi poco prima del lancio nelle Dolomiti italiane. Ora non ci può essere più alcun dubbio.

Finora ha già effettuato oltre 7.000 lanci, senza mai sperimentare un momento critico. La sua regola più importante: saltare solo quando si è al massimo della forma fisica e mentale, e solo con attrezzature e persone di cui si fida al cento per cento. Quando arriva il momento di saltare, non devono esserci dubbi, né esitazioni, né «forse».

Ciò che motiva Jenna Gygi non è, sorprendentemente, il brivido dell’adrenalina, bensì l’essere completamente presente, immersa nel momento. Uno stato di assoluta lucidità che, nel 2012, dopo un lancio in tandem con il paracadute, l’ha spinta per la prima volta a puntare tutto sul volo. Senza pensarci troppo, ha ottenuto la licenza di paracadutismo ed effettuato oltre 200 lanci, con l’obiettivo di prolungare la permanenza nel vuoto. La tuta alare, o wingsuit, è stata la conseguenza naturale.

Nel 2013 è arrivato il primo salto in solitaria sopra Kappelen, nella regione del Seeland bernese, con l’Eiger, il Mönch e la Jungfrau sullo sfondo. Successivamente si è specializzata in Australia nel wingsuit, ha conquistato le prime medaglie in competizioni internazionali, fino ad aggiudicarsi nel 2021 il titolo mondiale di acrobazia, imponendosi in uno sport che è tuttora considerato dominio maschile. Attualmente si lancia a cadenza settimanale: come istruttrice in corsi, per brand, film, programmi televisivi e progetti personali, condividendo con i suoi 18.000 follower su Instagram voli spettacolari tra canyon, sopra ghiacciai e lungo creste affilate. 

Jenna Gygi, pilota di wingsuit, 2025, Porsche Schweiz AG
Nella caduta libera ... ... la campionessa mondiale di wingsuit Jenna Gygi non cerca la scarica di adrenalina, ma la sensazione di totale presenza e controllo.

Le immagini la ritraggono spesso in tute sgargianti, davanti a scenari mozzafiato, con le braccia tese mentre plana, talvolta a soli pochi metri dal suolo. Si può percepire l’indescrivibile sensazione di libertà. Ma ciò che i follower non vedono è quanta precisione, pianificazione e consapevolezza del corpo ci siano dietro ogni volo. Per Jenna, è proprio questa concentrazione assoluta che fa la differenza – sia quando solca il cielo con la tuta alare, sia ora al volante di una Porsche.

Infatti, anche se le regole del motorsport sono diverse, le somiglianze sorprendono. Come nel volo, non è questione di mera potenza, ma di percezione. Di tempismo perfetto. Di traiettorie impeccabili. Sterzate dosate con precisione, frenate pulite, accelerazioni millimetriche: tutto le ricorda il controllo estremamente preciso richiesto dal wingsuit. È un gioco di equilibrio tra tecnica, fiducia e percezione del corpo. «Credo che il mio corpo sia programmato per la velocità accompagnata da un grande senso della precisione», dice ripensando alla sua esperienza. «È qualcosa che mi ha aiutato».

Jenna Gygi, pilota di wingsuit, 2025, Porsche Schweiz AG
Una nuova passione: Jenna Gygi non avrebbe mai pensato di poter amare la velocità a bordo della 911 GT3 quanto il volo.

Ciò che la colpisce di più è il rumore. Durante il volo, il casco è avvolto dal silenzio: spesso, il fruscio costante dell’aria è l’unico rumore. In pista, invece, si scatena un uragano acustico: il motore boxer romba, esplode, brontola, e vibra fin dentro le ossa. È una sensazione nuova per lei. E sorprendentemente emozionante.

Dopo circa 30 minuti in pista, è esausta. «Sono distrutta», dice ridendo. Non avrebbe mai immaginato che guidare potesse essere così impegnativo dal punto di vista fisico. «Ho un enorme rispetto per tutti coloro che riescono a fare una cosa del genere per ore e ore durante una gara». Eppure, è entusiasta. «È stato bello!», dice in dialetto bernese. Nonostante la pioggia, la scarsa visibilità e l’asfalto scivoloso – o forse proprio per questo – è stata un’esperienza molto arricchente. Anche per acquisire maggiore sicurezza nella guida di tutti i giorni. Ma che cosa l’ha sorpresa più di tutto? «Quanto mi sono sentita viva. Non avrei mai immaginato di poter amare la velocità su strada tanto quanto in volo.» Volare resterà sempre il suo grande amore. Ma poi, con un lieve sorriso, quasi complice, aggiunge: «Però sì, mi sono un po’ innamorata delle auto sportive di Porsche. In particolare della 911.» 

Info

Text first published in the Porsche magazine Christophorus 416.

Text: Nina Treml
Photos: Desmond Louw

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